GAIA PAPI
Cronaca

"Latte e carezze dopo l’orrore". Sara, poliziotti con gli orfani

Il racconto dei quattro agenti nella notte del doppio femminicidio di San Lorentino. L’arresto dell’assassino, la cura per Anis e la sorellina durante le ore in questura.

Gli agenti intervenuti nel duplice omicidio:. Torrisi, Severi, Ercole e Maraia

Gli agenti intervenuti nel duplice omicidio:. Torrisi, Severi, Ercole e Maraia

Era il 13 aprile 2023. Madre e figlia colpite a morte da Jawad Hicham: ventitrè coltellate sul corpo della moglie Sara Ruschi (aveva 35 anni) e tre contro Brunetta Ridolfi. La tragedia nell’appartamento di via Benedetto Varchi, davanti ai figli della coppia che allora avevano 16 e 2 anni. Gli agenti della polizia arrestano l’assassino, poi condannato all’ergastolo, e si prendono cura di Anis e della sorellina, spaventati. Proprio Anis ha tentato di rianimare la madre con il massaggio cardiaco, ha dato l’allarme,poi ha preso la sorellina in braccio ed è corso per le scale, giù in strada. Qui ha trovato il sostegno degli uomini e le donne della Questura. Gli stessi che ieri hanno ricevuto l’encomio solenne. Quattro agenti che parteciparono all’arresto e alla gestione dell’emergenza: l’assistente capo coordinatore Alessandro Torrisi, l’agente scelto Davide Severi, l’agente Vincenzo Ercole e l’agente Alessia Maraia. Allora in servizio nella Volante, oggi impegnati rispettivamente nella Squadra Mobile, nell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico, nella Divisione Polizia Amministrativa e Sociale e nel Posto di Polizia Ferroviaria di Arezzo. Una cerimonia sobria, ma carica di significato. Una città che, attraverso la voce delle istituzioni, ha voluto dire grazie a chi indossa una divisa non solo per far rispettare la legge, ma anche per tendere la mano nei momenti più bui. Per proteggere, ma anche per accogliere. Come quella notte di terrore e morte. Lo hanno fatto con gesti semplici, silenzioni ma intensi, come cambiare un pannolino a una bambina di due anni, asciugare le lacrime, cercare un gioco per distoglierla dall’orrore che aveva visto, versare un bicchiere di latte, "anche se era quello della macchinetta", ricordano oggi con affetto. Nel silenzio della notte, in un appartamento al terzo piano della palazzina che affaccia su Porta San Lorentino, si è consumata una tragedia familiare. Una lite, l’ennesima. Jawad Hicham, 38 anni, impugna un coltello da cucina e si scaglia con violenza contro la suocera, Brunetta Ridolfi, 76 anni, colpendola a morte sul posto. Poi rivolge la stessa furia contro la moglie, Sara, madre dei suoi bambini. Ventitré coltellate. Ventitré ferite profonde, fisiche e simboliche, che hanno spezzato una vita e acceso un dolore destinato a durare. Sara viene trasportata d’urgenza all’ospedale San Donato, ma muore poco dopo.

Dopo il duplice delitto, l’assassino esce di casa in stato confusionale e si rifugia in una cabina telefonica. È lì che gli uomini della Volante lo individuano, lo bloccano e lo arrestano. Viene portato in Questura, interrogato, e confessa subito: "Sono stato io". Oggi Jawad Hicham sta scontando l’ergastolo, condannato per duplice omicidio. Ma non è solo la cronaca nera a segnare il ricordo di quella giornata. In mezzo all’orrore, ci furono gesti di grande umanità, di professionalità e dedizione. Nella sede della Questura, uomini e donne della Polizia si presero cura dei due figli rimasti orfani. Gesti semplici, che restano in mezzo a tanto dolore.