
Le storie di coraggio e determinazione di Luisa Ballocci, Angiola Crociani,. Gabrielle-Marie de Jacqueir de Rosée, Modesta Rossi e Bruna Sandroni.
Boni è Luisa, che consegnò messaggi clandestini con le sorelle e più volte rischiò la vita per combattere i nazisti. C’è Angela, Giangia, che pur di finanziare la resistenza non esitò a vendere la propria casa. E non potevano mancare Gabrielle-Marie de Jacquier de Rosée, Modesta Rossi e Bruna Sandroni, che per la lotta di liberazione sacrificarono la vita.
Nell’ambito del progetto "Resistenze, femminile plurale. Storie di donne in Toscana" con cui hanno preso il via le celebrazioni dell’ottantesimo della Liberazione, sono state raccolte le biografie di 50 donne (cinque per ogni Provincia toscana) che si misero in luce durante la Resistenza. E tra quelle cinquanta storie ci sono anche cinque aretine appunto, raccontate dagli storici e dalle storiche della Rete degli Istituti Storici della Resistenza, fra cui il recentemente nato Istituto aretino. Il progetto che vede la collaborazione di Upi (Unione Provincie Italiane) della Toscana, Rete degli Istituti storici della Resistenza e dell’Età contemporanea della Toscana, Commissione pari opportunità della Regione Toscana e Università degli studi di Firenze.
Ma chi erano davvero quelle cinque aretine? Luisa Ballocci nacque a Trequanda, in provincia di Siena, nel 1930. Fin da piccola respirò un clima familiare profondamente antifascista. Dopo l’8 settembre il fratello Raul si nascose sulle colline limitrofe ad Arezzo e Luisa, assieme alle due sorelle maggiori, venne incaricata di portargli coperte e cibo. In seguito, a lei e alle sorelle venne affidato il compito di consegnare a dei partigiani nella zona di Badia Agnano, i messaggi che arrivano a casa. Iniziò così anche per lei, che aveva circa tredici anni, l’attività di staffetta e insieme a Nara Scaloncini, fu la più giovane in tutta la Regione a ricevere il riconoscimento di partigiana combattente.
Angiola Crociani, detta Giangia, nacque nel 1910 in una famiglia contadina di Anghiari. Nel 1930 sposò Giuseppe Livi, ambulante, noto anarchico che, dopo l’8 settembre 1943, fu uno dei primi a prendere contatti con Arezzo e ad organizzare gruppi di resistenti in Valtiberina. In particolare, dopo la fuga degli internati jugoslavi dal campo di Renicci d’Anghiari, a lui e alla moglie venne assegnato dal Comitato provinciale di concentrazione antifascista di Arezzo il compito di aiutare i fuggiaschi nascostisi nella zona. Dopo l’arresto del marito fu Angela a sostituirlo nel collegamento con gli slavi. Per finanziare alcune importanti operazioni della Resistenza aretina prima utilizzò i risparmi, poi arrivò a vendere la propria abitazione. Dal 2019 il suo nome, assieme a quello di Beppone, campeggia in una targa all’ingresso del Giardino della memoria di Renicci.
Gabrielle-Marie de Jacquier de Rosée, venne al mondo nel 1913 a Bruxelles, nel settembre 1936 intraprese con due amiche un viaggio verso Roma, con l’obiettivo di completare la sua tesi di laurea. Fermatasi casualmente a Castiglion Fiorentino, conobbe l’artista Pericle Brogi, figlio del noto ceramista Antonio, con cui si sposò ed ebbe una bambina, Lucha. Nel 1941 Brogi fu richiamato alle armi e Gabrielle si trasferì con Lucha a Castiglion Fiorentino. Con la sorella del marito, Corallina, Gabrielle si dedicò ad attività di soccorso alla popolazione e svolse un ruolo di supporto per la 23a Brigata Garibaldi Pio Borri. Nel luglio 1944, avendo saputo che una famiglia era stata presa in ostaggio, Gabrielle si offrì per svolgere un ruolo di mediazione, data la sua conoscenza del tedesco. All’alba del 7 luglio venne mitragliata dai tedeschi al Ponte delle Fontanelle, lungo la strada che da Castiglion Fiorentino sale al Passo della Foce. Le sarà riconosciuta la qualifica di partigiana combattente. Nel luogo dell’uccisione viene eretto un cippo alla memoria, realizzato dal marito.
Non poteva mancare Modesta Rossi, nata a San Martino d’Ambra nel 1914. Sposò Dario Polletti nel 1935, con cui ebbe cinque figli; la famiglia contadina abitava in località Cornia non lontano da Civitella della Chiana. Quando dopo l’8 settembre il marito entrò a far parte della locale Banda Renzino anche Modesta aderì alla formazione svolgendo mansioni di staffetta. Durante l’eccidio di Civitella e San Pancrazio di Bucine, il 29 giugno, in località Solaia, anche Modesta viene catturata, insieme ad altri, dai tedeschi che volevano indicazioni sui nascondigli dei partigiani e del marito. Dato che si rifiutò di dare qualsiasi tipo di informazione, venne uccisa insieme al figlio più piccolo di soli 13 mesi che stringeva al petto. Dopo la Liberazione le sarà conferita la Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
Infine, Bruna Sandroni di Castel Focognano, classe 1926, che si avvicinò al movimento partigiano per amore del suo compagno e divenne staffetta tra il Casentino e Arezzo. Il 15 giugno 1944, in località Corsalone, nei pressi di Bibbiena, fu catturata dai fascisti della Guardia Nazionale Repubblicana e massacrata a colpi di pugnale per poi essere abbandonata esangue. Impossibile dimenticare il tributo di queste donne. Perché solo chi la vita la genera può capire fino in fondo il valore della sua libertà. A tal punto da sacrificarla per gli altri, quella stessa vita.