
Le scuse di Laura Ewert. Gümpel, il giornalista a caccia dei nazisti: "È un gesto storico"
di Matteo Marzotti
AREZZO
"Cosa portò i nazisti a compiere la strage di San Polo? Una delle motivazioni più drammatiche e stupide". Udo Gümpel, autore televisivo e giornalista tedesco, lo sa bene avendo posto questa domanda ad uno degli ufficiali responsabili dell’eccidio del 14 luglio del 1944. Gümpel a partire dal 1999 ha iniziato ad occuparsi delle stragi naziste in Italia. Un’inchiesta dopo l’altra, a partire dal ricostruire quanto accaduto a Piazza Loreto, andando a individuare Theodor Saevecke, il responsabile di quell’eccidio. "Il mio intento era quello di dimostrare che la Germania non aveva fatto i conti con il proprio passato - racconta Udo – grazie alla collaborazione di colleghi e poi di professionisti, diventanti nel tempo amici, come René Althammer, della redazione Kontraste, magazine investigativo, Christiane Kohl, la prima giornalista investigativa che si è occupata di Sant’Anna di Stazzema e Civitella".
Un lavoro certosino, come quello che lo ha portato a incontrare e intervistare il "boia di Genova", Konrad Engel, realizzando documentari per la prima rete pubblica tedesca, conoscendo nel corso delle ricerche lo storico Carlo Gentile con il quale ebbe modo di approfondire il caso di San Polo. "Alcuni documenti della strage erano finiti tra gli incartamenti “dell’armadio della vergogna“ – racconta Gümpel – la Germania, che fino anni agli ’60 chiedeva gli atti all’Italia, entrò in possesso solo di una parte di quei documenti che portò tre ufficiali tedeschi, tra i quali Wolf Ewert e Klaus Konrad, ad essere indagati come ufficiali responsabili della strage di San Polo. Nel 1972 il caso però venne chiuso perché non fu possibile chiarire chi avesse dato l’ordine e nemmeno le modalità della fucilazione".
Lei però riprese i vecchi atti e risalì a Konrad.
"Quando lo incontrai era una figura importante del partito SPD, di cui era presidente onorario nella regione dove abitava dopo essere stato per anni in Parlamento. Nel 2004 insieme a René Althammer realizzammo un’intervista in cui ammise di essere stato presente ai violenti interrogatori dei partigiani e civili catturati, ma respinse le accuse relative alla fucilazione. Venne indagato dopo quell’intervista dal tribunale militare di La Spezia, ma morì poco dopo".
Come motivò la strage?
"Tre settimane prima il colonnello Ewert mentre viaggiava a bordo di una decappottabile venne raggiunto da alcuni colpi di fucile sparati presumibilmente da partigiani. Non fu ferito ma un proiettile colpì il suo berretto: decise allora che avrebbe risposto duramente agli attacchi. Poco dopo i tedeschi catturarono un disertore che era stato accolto a Molin del Falchi. Lì c’erano famiglie che avevano aiutato partigiani e sfollati. Sulla base del suo raccontò il comando tedesco effettuò il rastrellamento. I prigionieri vennero uccisi, altri torturati, picchiati selvaggiamente per farli confessare di essere partigiani o per conoscere i rifugi dei partigiani. Alla fine i tre ufficiali, come disse Konrad, decisero di comune accordo, di uccidere tutti".
Alcuni furono sepolti vivi.
"Gli Alleati pochi giorni dopo effettuarono i primi esami sui corpi e capirono che alcuni erano morti a causa delle fucilazioni altri erano morti per asfissia, sepolti vivi in una fossa comune fatta brillare per rendere impossibile risalire alla vera causa della morte".
Per Laura, nipote di Wolf è stato un trauma conoscere la storia del nonno.
"E’ una rarità il fatto che la discendente di un responsabile di un eccidio prendendo atto di quanto accaduto si faccia avanti e chieda scusa come nel caso di Laura che sarà a San Polo. Chi è tornato dall’Italia, partecipando a stragi ed episodi di violenza ha preferito tacere e nascondere anche ai propri cari cosa era accaduto".