Bigozzi
rucis Christi mons Alvérnae...": ogni giorno dal 1431 una lunga processione di frati ricuce la Basilica della Verna con la Cappella delle Stimmate intonando da sei secoli lo stesso inno. Una tradizione istituita da fra Andrea D’Agnolo da Colle. E’ lo stesso Guardiano che aveva deciso di demolire le cinque celle iniziali e in degrado, di aprire la clausura delle Stimmate e quindi di rendere accessibile il percorso a tutti i pellegrini. Quella processione la ideò a modello di quella di Gerusalemme al Santo Sepolcro: ed è saltata da allora solo nei momenti più cruenti delle guerre. Infissa nel cuore della spiritualità francescana. Una leggenda racconta che una sera, nel 1442, i frati rinunciarono a farla per una bufera di neve. "La mattina dopo scoprirono sulla neve fresca, fin dentro la cappella delle Stimmate, le orme appaiata degli animali del bosco (lupi, orsi, caprioli), che nottetempo, a due a due, avevano piamente fatto la processione al posto dei frati, i quali si vergognarono al punto tale di essere stati superati, in devozione, dalle creature della foresta, che non la tralasciarono mai più". Una leggenda, certo, in punta di piedi, piedi sulla neve: ma anche il segno di un legame viscerale oltre che spirituale all’evento attribuito al Poverello.
Lo stesso che in questi giorni ha completato un percorso di 800 anni e in nome del quale è stata aperta la Porta Santa del santuario, che sarà richiusa dal vescovo nelle prossime ore, il 4 ottobre. Un legame scritto sulla pietra. Perché la rappresentazione delle Stimmate non si ferma agli stretti confini della Cappella. Si moltiplica, come racconta nei dettagli "Iconografia delle Stimmate", una recentissima e dettagliata pubblicazione di Federico Andreini, monaco della Fraternità della Speranza, nei vari angoli del Santuario e in tutta la provincia. Sullo sfondo la gigantesca pala robbiana della Crocifissione, sormontata dai pellicani che si staccano brandelli di pelle per nutrire i piccoli. Il Cristo davanti all’alter Christus. L’immagine più antica e in questo senso efficace è in un bassorilievo rettangolare: fateci caso, è proprio sopra lo stipite della cappella. Un frammento di marmo, che inizialmente era nella volta del corridoio che immette nella cappella della croce, quella vicina alle Stimmate.
Era stato un architetto francescano in un altro centenario, il settimo, a rimuoverla dalla sua sede originale per trasferirla lì dove è ora: quasi la copertina del libro di pietra che poi è il libro di un racconto tramandato nei secoli. Il santo qui, come nota Andreini, ha un’aureola: e questo indica che la piccola opera sia stata eseguita dopo il 1228, l’anno della canonizzazione del santo. Che era morto nel 1226, facendo di quella formella quasi una pagina di giornale, la cronaca in diretta dell’evento. In alto c’è un cherubino, tre raggi lo collegano al volto di Francesco, rappresentato in ginocchio, alle sue spalle la cella, la cui forma richiama il sepolcro, in questo asse a distanza con il Cristo. Risulta come la rappresentazione più antica delle Stimmate, almeno un milione di pellegrini l’hanno sfiorata da gennaio a oggi. All’interno della cappella ecco che il libro del racconto si arricchisce di un’altra pagina. Un bassorilievo di marmo, raffigura Francesco nel momento di ricevere le stimmate. Anche questo reperto sarebbe stato trasferito, alla destra della porta. Per la prima volta sullo sfondo c’è la descrizione del monte e del bosco, una cortina che divide e insieme ricuce l’immagine del santo con la raffigurazione del cherubino. Subito sotto la lastra esagonale incisa nel pavimento delle Stimmate... "Il divino serafino gli impresse proprio qui le stimmate...". Intorno ci sono alcune iscrizioni lapidee, una delle quali racconta nei dettagl il prodigio, "Nell’anno del Signore 1224 il Beato Francesco spesso mangiò sotto questo albero..." e giù con il racconto. Il Vangelo dei poveri, sullo stile delle pagine narrate nelle cattedrali o nelle chiese dai grandi affreschi e dalle rappresentazioni religiose. Uno stile che attraversa i secoli. Nel caso delle Stimmate atterra anche nel corridoio che unisce la Basilica alla Cappella, sulla parete che racconta meticolosamente la vita del santo: compresa la raffigurazione di Baccio Maria Bacci titolata "San Francesco sul monte della Verna riceve le stimmate". Un pittore del ‘900, ripristinò anche quei quadri che non avevano retto alle bombe della guerra. Ma il fiume di immagini centrate sulla notte di 800 anni fa attraversano tutto il convento.
Sopra la cappella della croce c’è un dipinto di inizio ‘500, attribuito ad un pittore peruginesco. Un San Francesco che sembra alzarsi in volo, quasi calamitato dal cherubino, sullo sfondo di un monte senza alcuna costruzione, immagine di quello che era stato donato al poverello dal conte Orlando di Chiusi, il cui castello spunta nell’angolo destro dell’opera. E un altro dipinto è nella Cappella Loddi, in fiondo al corridoio delle Stimmate: un autore contemporaneo, Silvestro Pistolesi, morto pochi anni fa. Il santo è seduto sotto un albero, sullo sfondo di un deserto, sotto un cielo illuminato dalla luce del Serafino.
E un’altra opera che raffigura le Stimmate è nella cappella di San Pietro di Alcantara: un bassorilievo di terracotta, era nell’ex convento di Sargiano. Il profilo della montagna e del bosco campeggia sopra l’immagine del santo in ginocchio, lì dove ogni giorno arrivano ovattate le parole dell’inno cantato dai frati in pellegrinaggio verso le Stimmate. "Crucis Christi mons Alvérnae..." per una storia che come un fiume carsico riemerge dalle rocce della Verna.