
Ciccio Graziani con la moglie
Arezzo, 23 aprile 2020 - «Ogni volta che chiamiamo nostro figlio, a Mantova, insieme a mia moglie Susanna ci guardiamo e tratteniamo il fiato: solo quando ci risponde ‘tutto bene’ torniamo a respirare...». È proprio vero che in tempi di pandemia, «come stai?» è diventata d’improvviso una domanda diversa: non è più soltanto un convenevole.
C’è davvero bisogno di sapere se le persone stanno ancora bene, come succede a Ciccio Graziani quando in questi giorni chiama Gabriele, ex attaccante come lui: due stagioni con la maglia amaranto e il record di gol nella storia del Mantova. Nella città virgiliana si è fermato a vivere da anni insieme alla compagna Pamela e alla figlia Sofia che ha dieci anni.
Proprio nel cuore della zona rossa, quella più colpita dal coronavirus, Pamela si è infettata: «Lavora in una residenza per anziani – racconta Graziani – e nonostante indossasse protezioni che la facevano quasi sembrare un’astronauta si è accorta di essersi ammalata nei giorni di Pasqua. È stata anche ricoverata in ospedale: adesso i sintomi non ci sono più ed è tornata a casa ma è costretta a stare chiusa in camera sua per non avere contatti con mio figlio e mia nipote finché la malattia non sarà completamente sparita».
Il peggio per Graziani junior sembra passato e il campione del mondo 1982, oggi commentatore Mediaset, può passare le sue giornate con il cuore più leggero. Andando alla scoperta di attività inedite: «Cerco di tenermi in forma correndo un po’ nel giardino di casa e stando attento a tavola. Ma soprattutto mi sono scoperto uomo dell’aspirapolvere, uno svuotacantine, un giardiniere e un imbianchino.
Abbiamo anche più tempo per riflettere e dobbiamo coglierlo per ridare la giusta priorità alle cose importanti della vita, sperando di non dover vivere più una situazione come questa. Sono ottimista: credo che, con questa nuova consapevolezza, vivremo in un mondo migliore. Ho un altro nipote, qui ad Arezzo: si chiama Gianmaria e ha quattro anni. Era bellissimo poter giocare a pallone insieme, non voleva mai smettere. Adesso quando lo saluto a distanza perché magari ho portato la spesa a mia figlia Valentina, mi saluta in maniera diversa.
Anche i bambini più piccoli hanno capito che il mondo sta attraversando un momento terribile». Graziani è anche un imprenditore legato allo sport, sono suoi i campini dello stadio, una di quelle attività che rischiano di rimanere bloccate più a lungo di altre: «Essendo il calcetto un’attività agonistica di contatto è difficile pensare di poter riaprire in tempi rapidi – riflette Ciccio – l’unica speranza è che si trovi una cura o un vaccino, altrimenti, se va bene, riapriremo chissà quando.
Più in generale bisogna rendersi conto che non esiste solo la serie A dei grandi campioni e delle cifre milionarie: il calcio italiano si basa sul dilettantismo e sui settori giovanili. Bisogna trovare il modo di concludere i campionati, magari giocando a ritmi serrati. Ma la cosa più importante e dare un sostegno strutturale al mondo del calcio minore, altrimenti sarà un disastro che il movimento pagherà a tutti i livelli».