LUCA AMODIO
Cronaca

Attentati, l’esperto di conflitti: "Rischio anche in Italia, è una guerra mondiale a pezzi”

Il professor Luciano Bozzo insegna Relazioni internazionali all’Università di Firenze: “Il sistema internazionale è caotico”

Il conflitto in Israele come innesco per nuovi attentati in Europa e in Italia

Arezzo, 17 ottobre 2023 – Il 7 ottobre i miliziani di Hamas sono entrati nel territorio israeliano dalla striscia di Gaza e hanno massacrato centinaia di persone, soprattutto civili. Poi è partito il contrattacco con il bombardamento di Gaza. Nel 2022 l’invasione russa dell’Ucraina, oggi il sangue in Medio Oriente. È tornata così in voga l’espressione di Papa Francesco, "terza guerra mondiale a pezzi". Ne parliamo con Luciano Bozzo, aretino e professore di Relazioni internazionali e Teorie della politica internazionale all’Università di Firenze.

Professor Bozzo, è davvero la terza guerra mondiale come dice il pontefice?

"Sì, dopo la fine della guerra fredda ci troviamo oggi in un sistema internazionale caotico: il bipolarismo Stati Uniti-Unione Sovietica, basato su rapporti di forza e precise sfere d’influenza, aveva garantito ordine ed equilibrio. In seguito, con la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione dell’Urss, poi con l’emergere di nuove grandi potenze, prima tra tutte la Cina, il sistema internazionale è entrato in una fase di disordine, in cui le crisi regionali hanno ripercussioni globali, effetti più che proporzionali".

Ma perché l’attacco è stato sferrato proprio adesso?

"L’operazione era in preparazione da tempo. Come dichiarato da Hamas stessa, negli ultimi due anni l’attacco è stato pianificato con cura: osservazioni, vere azioni d’intelligence, acquisizione di armi, addestramento. Tutto con la collaborazione di attori terzi, Hezbollah e l’Iran, che è il grande ‘patron’ del terrorismo sciita nella regione e che sostiene Hamas, che pure è organizzazione sunnita".

Netanyahu era soprannominato «Mister Sicurezza» ma il suo sistema di intelligence ha fallito…

"Sì, non a caso il Primo ministro israeliano è considerato oggi, come si vede dal calo dei consensi rivelato dai sondaggi, il responsabile politico - più che militare – dell’attacco del 7 ottobre. L’intelligence israeliana, il Mossad, ha mostrato evidenti falle: certamente eccessiva fiducia è stata riposta nell’apparato tecnologico di sorveglianza della barriera tra Israele da Gaza, più che nella componente umana. Apparato messo abilmente fuori uso all’inizio dell’attacco. L’attenzione di Israele era stata centrata sulla sicurezza degli insediamenti in Cisgiordania, con l’illusione che il rischio sul confine di Gaza fosse relativamente basso, comunque controllabile".

L’ambasciatore di Israele all’Onu ha dichiarato che non c’è interesse a occupare la striscia di Gaza, dopo che Biden aveva detto che sarebbe stato un grave errore. Sarà effettivamente così?

"Per Israele la ri-occupazione della striscia di Gaza rappresenterebbe soltanto una fonte di problemi: innanzitutto di sicurezza, perché militari e forze di polizia israeliane sarebbero esposte a minaccia continua; poi per ragioni economiche, in termini di risorse da investire nella striscia per garantirne il controllo. Israele vuole rendere inoffensiva Hamas, distruggerla, non occupare quel territorio".

Attentati e terrorismo, il nostro paese è a rischio?

"Quella che si va profilando è una situazione che può certamente ispirare gesti eclatanti di singoli e gruppi (come accaduto a Bruxelles, ndr). In passato l’Italia è stata esente da attacchi jihadisti, anche grazie all’efficace azione di intelligence”. 

In questa crisi come si sta muovendo l’Unione europea?

“L’Ue non giocherà un ruolo di rilievo, come del resto è avvenuto nelle maggiori crisi degli ultimi decenni. Il Medio Oriente è un teatro vicino all’Europa, ma l’Unione, i cui membri hanno interessi e obiettivi strategici diversi, non riesce ad articolare una vera politica estera e di difesa comune. È del resto naturale, ad esempio, che gli Stati scandinavi e baltici siano preoccupati di quello che accade in Russia e Ucraina, piuttosto che nel Mediterraneo. Radicalmente diversa, ovviamente, la percezione e gli interessi ed obbiettivi dei Paesi dell’Europa meridionale, attenti a ciò che accade in Israele in ragione del rischio di estensione del conflitto, e dei flussi migratori che potrebbe innescare".