"Sì, l’ho uccisa io". È notte fonda nella caserma dei carabinieri di Foiano. Dentro c’è un uomo: lo hanno convocato per capire cosa è successo in quel casolare. Dopo il delitto ha preso un treno, viaggio andata e ritorno a Prato, per cercare lavoro, spiega agli investigatori ma nel suo racconto c’è più di un elemento che non torna. Irfan Muhaned Rana abita lì, in una dependance nella tenuta dove Letizia Girolami e il marito Peter, di origine canadese, si sono trasferiti una trentina di anni fa, dopo un’esperienza in Africa. Un casolare circondato da boschetti e una fitta vegetazione, nascosto alla vista dalla stradina bianca che costeggia la zona, tra Foiano e Pozzo della Chiana. È qui che sabato notte i carabinieri trovano il corpo della donna, 72 anni, riverso a terra, una ferita profonda alla testa. Qualcuno l’ha colpita: è la pista che gli investigatori seguono dopo il sopralluogo del medico legale. Una brutta ferita, un colpo netto sferrato alla fronte, che non le ha dato scampo. Ai carabinieri, il trentenne fornisce una versione che non convince, cade più volte in contraddizione, poi crolla e confessa. Non svela il movente, non ancora. Si chiude nel silenzio, scatta l’arresto e il trasferimento in carcere. Omicidio volontario l’accusa e la pista che gli investigatori seguono è quella di una lite degenerata, un’azione d’impeto che ha scatenato la furia del trentenne. Durante la confessione avrebbe mostrato segni di pentimento che portano a pensare che non c’è premeditazione.
La confessione di Irfan segna l’epilogo di una notte nella quale cade l’ultimo velo sul giallo di Foiano. Indagini lampo, coordinate dal procuratore capo Gianfederica Dito e portate avanti dal magistrato Angela Masiello. Quarantotto ore per chiudere il caso, con una serie di sopralluoghi dei carabinieri nel casolare a caccia di elementi che chiariscano cosa è accaduto. Nel luogo del delitto, un campo all’interno della tenuta, sono stati prelevati alcuni campioni di oggetti (all’esame del Ris) compatibili con "l’arma" che il pakistano ha usato per colpire: un bastone di legno, che al momento non si trova. Irfan era entrato in quel casolare per alcuni lavoretti commissionati da Letizia,psicoterapeuta, una lunga esperienza professionale anche nel campo del benessere spirituale. Il trentenne doveva costruire "un laghetto spirituale" e provvedere alla manutenzione di alcuni spazi esterni. Poi l’incontro con la figlia della coppia e l’inizio di una relazione sentimentale. Un rapporto che nel tempo era diventato burrascoso tra interruzioni e riprese; in questa fase ormai al tramonto. La ragazza era in vacanza in Spagna, quando il suo ex, ha ucciso la madre. È stata lei a raccogliere la telefonata accorata del padre preoccupato perchè nella serata di sabato la moglie non era rientrata a casa. È lei a mettere i moto la macchina dei soccorsi. Letizia era uscita nel pomeriggio, forse per una passeggiata nei campi della tenuta, circondata dagli animali che amava: pavoni, cani e gatti. Forse il trentenne l’ha raggiunta e i due hanno cominciato a discutere. In un attimo tutto si rovescia.
Il sopralluogo del medico legale colloca la morte nel tardo pomeriggio. Il suo corpo viene ritrovato intorno a mezzanotte in un angolo della proprietà, poco distante dall’abitazione. Letizia indossa gli abiti con cui è uscita di casa. Una profonda ferita alla testa, sferrata frontalmente, è il particolare che induce gli investigatori a ritenere plausibile l’ipotesi della lite, al culmine della quale l’uomo avrebbe impugnato un bastone e l’avrebbe colpita. Una convivenza che, forse, negli ultimi tempi era diventata complicata, per la fine della relazione con la figlia della coppia. Un motivo di preoccupazione per Letizia e Peter. In quell’angolo di Valdichiana, Letizia stava realizzando il suo nuovo progetto ma tutto è precipitato nel buio dell’orrore.