Arezzo, 21 ottobre 2024 – “Manca il latte per i bambini”. L’appello corre sul telefonino, dal Libano ad Arezzo. E mette in moto la macchina della solidarietà. Al volante c’è Youssef Frangie e un gruppo di amici che si sono rimboccati le maniche, come già accaduto per tanti aretini con le emergenze che la guerra scatena ovunque. È giù accaduto per l’Ucraina, accade ora per sostenere migliaia di persone in fuga dal sud e da Beirut. In fuga dalle bombe. “Da quattro settimane, una massa di persone stimata in 15-20mila, si è riversata al nord per sfuggire ai bombardamenti, ma ora è scattata l’emergenza umanitaria e io intendo dare il mio contributo con alcuni amici”. Youssef è in Italia dal 1994 per gli studi universitari prima (una laurea in sociologia e un master in criminologia), poi per la sua attività di imprenditore a Monte San Savino. Le sue radici sono nella regione di Zgharta “siamo nel cuore cristiano-maronita del Paese. La mia città ha il numero maggiore di fedeli di religione cattolica. È la regione di Santa Rafka che insieme a San Charbel sono molto venerati”. Qui vive la sua famiglia, la madre, il fratello, i nipoti. Ogni giorno la videochiamata è il ponte per tenersi in contatto e aggiornare la situazione. “Al momento la mia famiglia sta bene e in città non ci sono problemi anche se a venti chilometri un bombardamento ha distrutto una casa dove erano alloggiati 24 sfollati, in gran parte donne e bambini, tutti morti”. Il punto è che a Zgharta “sono arrivati circa ventimila sfollati. Sono ospitati in scuole, palestre, abitazioni sfitte e chi può permetterselo ha affittato case, ma non c’è materiale di prima necessità per far fronte alle esigenze di persone che non hanno più niente”.
Nasce da qui l’impegno di Youssef che sta organizzando una raccolta di generi alimentari a lunga scadenza, latte in polvere, vestiario e materassi “perché anche in Libano sta arrivando l’inverno”. L’obiettivo è “spedirli a Beirut e attraverso l’attività di una Ong trasferirli al nord e consegnarli direttamente a famiglie e persone che hanno bisogno. Un aiuto diretto, senza nessuna mediazione”.
L’appello per la raccolta di latte in polvere, è stata “per me la scossa, il colpo al cuore che mi ha spinto a lanciare la mobilitazione. Trovo inaccettabile che i bambini debbano patire per una guerra della quale non hanno alcuna responsabilità e chi può fare qualcosa per loro dovrebbe attivarsi”. Youssef non nasconde la preoccupazione per un conflitto che si sta estendendo al resto del Paese: “Ho paura per la mia famiglia e la mia gente, ormai in Libano nessun posto è più sicuro. I bombardamenti sono quotidiani e potrebbero colpire chiunque in qualsiasi parte del Paese”.
Sul telefonino corrono i video di case sbriciolate e vite spezzate, ma pure il tam tam della solidarietà. Che non fa rumore, ma c’è.