“Sento il dovere di restituzione verso coloro che, per puro caso, sono nati in luoghi meno privilegiati del mio. Un mondo più uguale è un mondo migliore per tutti”.
È la visione di Monica Peruzzi, giornalista, conduttrice di Sky Tg24, speaker di Radio Italia e opinionista del Quotidiano Nazionale (La Nazione, Il Resto del Carlino, il Giorno e Luce!), perché quello dei diritti umani, della violenza di genere e del cambiamento climatico, sono da sempre temi a lei cari e sono gli stessi che l’hanno portata nel board della Fondazione Imagine. È guidata da Fabio Melloni, già funzionario dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo e ideatore di CinemArena.
Monica Peruzzi, di cosa si occupa la Fondazione Imagine?
"Realizziamo eventi e campagne di sensibilizzazione che facilitano conoscenza, accesso ai servizi di base, tutela dell’ambiente e promozione dei diritti umani, attraverso il meraviglioso strumento del cinema itinerante. La nostra carovana dell’arte arriva nelle zone dove c’è più bisogno di sviluppo e integrazione sociale".
Perché proprio il cinema?
"Perché è uno strumento straordinario per coinvolgere e interagire con le comunità. La potenza e la semplicità delle immagini attirano l’attenzione di tutti e creano un momento di aggregazione sociale importantissimo. Può sembrare una cosa leggera, invece cinema e teatro, diventano potentissimi veicoli di messaggi".
Come siete accolti dalle comunità?
"Molto bene, perché non andiamo a imporre un nostro modello. L’approccio è collaborativo, basato sulla conoscenza dei luoghi, dei capi tribù, sulla formazione dei membri locali che insieme a noi realizzano i progetti. È questo che dà forza alle comunità e alle campagne".
Su cosa state lavorando?
"In Guinea e nelle isole Comore, dove presto si andrà alle urne, faremo una campagna di sensibilizzazione al rispetto della scelta democratica, del confronto di idee e non dello scontro, perché lì c’è un enorme problema di conflitti post elettorali. In Mozambico, sta per cominciare un progetto legato all’agricoltura. Da giugno saremo nelle zone rurali, insegneremo alle donne e ai giovani, come si coltiva e si rende produttiva la terra".
A cosa servirà?
"A sviluppare l’economia locale creando delle piccole cooperative per contrastare lo sfruttamento dei contadini da parte delle multinazionali. È un progetto pazzesco di cui sono particolarmente felice perché l’impatto sarà duraturo".
Migliorando le condizioni delle donne...
"Sono spesso la parte di popolazione più vulnerabile, investire su di loro porta alla rinascita delle comunità".
Quali obiettivi si è data?
"Vorrei estendere i nostri progetti anche in Italia, poiché le periferie non sono un’esclusiva dei paesi in via di sviluppo, ma esistono anche qui. La povertà educativa, l’accesso delle ragazze alle materie Stem, sono argomenti su cui vorrei concentrarmi".
Cosa la emoziona di più?
"Pensare di aver portato un sorriso, la gioia dei bambini quando apriamo il nostro telone per le proiezioni, l’abbraccio delle persone e la voglia di condividere quel senso di comunità che noi abbiamo perso".
Come ha scelto il giornalismo?
"Non l’ho scelto, dopo il liceo scientifico Redi di Arezzo, ho iniziato scienze politiche con l’intenzione di seguire l’indirizzo diplomatico. Tuttavia, Cosimo Ceccuti, professore di storia del giornalismo mi ha fatto appassionare e così, con uno stage, sono arrivata a La Nazione di Arezzo dove, con l’aiuto dei giornalisti locali in primis Sergio Rossi, ho imparato il mestiere".
Cosa le piace del suo lavoro?
"Lo trovo bellissimo, perché possiamo dare voce a chi non ce l’ha attraverso le parole, le prime armi con cui si può cambiare davvero il racconto del nostro tempo e della società, che non è poi così male come talvolta crediamo".
La parola femminismo oggi che significato ha?
"Significa uguaglianza è la parola più bella che si possa usare. Oggi le battaglie femministe sono trasversali: liberarsi dalla cultura del possesso e del maschilismo tossico è qualcosa cui dovrebbero partecipare anche gli uomini, per sé stessi e per i loro figli maschi".