Brezzi *
ottantesimo anniversario della Liberazione dall’occupazione nazifascista offre l’occasione per approfondire la conoscenza su quel complesso momento storico e a oggi il quadro storico è sufficientemente chiaro, sebbene (ancora a distanza di ottant’anni) numerosi italiani (troppi) non sappiano quale tragedia siano stati il fascismo e le sue guerre. Ancora oggi gli anti-antifascisti cercano di inficiare la memoria della Resistenza, passaggio tra i più importanti della nostra storia, classificandolo quale movimento minoritario ed espressione di una sola parte politica.
La Resistenza, invece, è stata un fenomeno plurale. Con la partecipazione di partigiani comunisti, socialisti, azionisti, cattolici, liberali, monarchici, anarchici. Ma la Resistenza (e la Storia serve a questo) ha visto tra le sue fila non solo uomini in armi. Già all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943 alcuni reparti dell’esercito italiano a Roma, a Porta San Paolo, combattono contro le truppe tedesche che stanno occupando la Capitale, dopo l’ignobile fuga del Re e di Badoglio. L’armistizio si traduce in una generale incertezza, non ci sono ordini per i soldati, né indicazioni alla popolazione, è “il giorno dello smarrimento”, è l’inizio di una nuova e più terribile guerra. Però, come ricordava un anno fa il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in visita a Civitella: "Molti italiani non si piegarono al disonore. Scelsero la via del riscatto. Un riscatto morale, prima ancora che politico, che recuperava i valori occultati e calpestati dalla dittatura. La libertà, al posto dell’imposizione. La fraternità, al posto dell’odio razzista. La democrazia, al posto della sopraffazione. L’umanità, al posto della brutalità. La giustizia, al posto dell’arbitrio. La speranza, al posto della paura".
In diversi luoghi, soggetti diversi resistono al nazifascismo e sperano nella pace. A Cefalonia e a Corfù, qualche giorno dopo l’armistizio, i militari della Divisione Acqui prendono le armi contro l’esercito tedesco e quella scelta consapevole, come ricorderà il presidente Carlo Azeglio Ciampi in visita a Cefalonia: "Fu il primo atto della Resistenza, di un’Italia libera dal fascismo". Militari e ufficiali pagarono con la vita e con l’internamento nei campi la loro scelta in difesa della libertà. Alla fine del settembre 1943 è una città a sollevarsi, Napoli. Qui, dopo cruenti scontri, la popolazione costringe alla ritirata l’occupante esercito tedesco.
Il fenomeno resistenziale si propaga. Giovani ventenni rifiutano le cartoline precetto per l’arruolamento obbligatorio nel nuovo esercito della Repubblica sociale italiana. Per numerose italiane e molti italiani si pone l’angosciante interrogativo: "Come schierarsi? Cosa scegliere?". Si potrebbero ricordare, per restare nel territorio aretino, le scelte dello studente Pio Borri, (primo caduto della resistenza aretina), del diciassettenne Licio Nencetti, di Modesta Rossi, di Sante Tani. Vallucciole, Partina, Moscaio, Chiusi della Verna, Palazzo del Pero, Civitella, San Pancrazio, Cetica, Meleto, Castelnuovo dei Sabbioni, Mulinaccio, San Polo, Moggiona, non formano solo un elenco di luoghi cui corrispondono a numerose cifre di morti, ma rievocano il dramma collettivo delle stragi vissuto da donne e uomini, da giovani ed anziani, nelle città come nelle campagne, e ci rammentano anche la tensione ideale che fu alla base di quella lotta. Nel suo discorso a Civitella il presidente Mattarella assai opportunamente non mancava di sottolineare che "occorre – oggi e in futuro – far memoria di quelle stragi e di quelle vittime, e sono preziose le iniziative nazionali e regionali che la sorreggono. Senza memoria, non c’è futuro".
Siamo di fronte a una guerra totale che scardina i confini, invade le città, entra nelle case delle italiane e degli italiani. La popolazione che subisce questa situazione non sempre prende le armi, ma comunque si trova a compiere una scelta che trova diverse forme di espressione: la solidarietà agli ebrei ricercati; l’aiuto alle famiglie sfollate, il sostegno agli Alleati. Nei venti mesi compresi tra l’armistizio e la Liberazione, si assiste a "un dispiegamento di energie vitali e di energie morali, una volontà di resistere e di vivere, (...) che rappresenta nel suo insieme la più intensa pagina della storia dell’Italia unitaria, una riserva profonda e ricca di vitalità del popolo italiano".
Si tratta della cosiddetta Resistenza civile, sulla quale negli ultimi anni del Novecento abbiamo avuto importanti studi, e basta ricordare i nomi di Claudio Pavone e Pietro Scoppola, che hanno fatto luce su “il vissuto degli italiani”, tutti costretti a far fronte a paure e fame, così come hanno sottolineato il manifestarsi di una nuova tessitura di rapporti di solidarietà, base imprescindibile per la formazione di un’identità nazionale libera dalla retorica nazionalista del fascismo e improntata sul rispetto dell’individuo, dei suoi diritti e dei suoi doveri di cittadino. Ne consegue che il movimento resistenziale non è rappresentato solo da chi “andò in montagna” e “imbracciò il fucile”, la parte più significativa, ma contemporaneamente ci sono popolazioni che aiutano, nascondono, rifocillano, per cui la Resistenza fu tutt’altro che un fenomeno minoritario. Anche l’immagine della popolazione che sta alla finestra ad attendere indifferente l’esito finale dello scontro tra i due eserciti sul territorio italiano, non corrisponde alla realtà: "Non si poteva stare alla finestra quando la finestra stessa, con la casa, crollava".
La data del 25 aprile è dunque un punto di arrivo se consideriamo la fine dell’occupazione nazifascista, l’arrivo degli eserciti anglo-americani al Nord, la conclusione della ventennale dittatura fascista, ma è anche un punto di partenza, l’avvio per la ricostruzione democratica di una paese distrutto. In questo senso l’antifascismo e la lotta resistenziale nei venti mesi compresi tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945, rappresentano un valore fondante della nostra Costituzione, che ha dato forma e ha consacrato i sentimenti e le speranze nutrite nel dramma della guerra dalla popolazione italiana.
* presidente dell’Istituto storico aretino della Resistenza
e dell’età contemporanea