"Una sensazione di pace immensa e la percezione di ritrovare Simone anche in quel luogo". Comincia da Romena la risalita di Annalisa Zanchi e del marito Alessandro Fatuzzo dal baratro del dolore. Un incontro, nel 2014, che ha segnato la svolta dopo la tragedia: due anni prima il figlio Simone, muore a 16 anni travolto da un ventenne alla guida di un’auto. L’approdo a Romena, il sostegno di Ermes Ronchi, don Luigi Verdi e Maria Teresa Abignente, è stata la chiave per "trasformare il dolore in amore e lavorare per il bene dei ragazzi". Ricordo come fosse ieri le loro parole: "Non sappiamo dirti perchè tuo figlio è morto, ma siamo pronti a fare un pezzo di strada insieme". Per lei Romena è stata "un porto di terra, un approdo sicuro che ci ha permesso di attingere bellezza, spiritualità e di portarla a casa nel nostro quotidiano e nell’attività coi ragazzi nelle scuole". In dodici anni, il cammino di Annalisa e Alessandro, ha portato i suoi frutti. Non solo nel gruppo Nain di Romena che accoglie decine di genitori che hanno perso un figlio in un percorso di elaborazione della sofferenza, ma anche nella sua città, Verona, dove porta avanti un progetto unico in Italia con l’associazione Verona Strada sicura: "Siamo una squadra di volontari, con noi sono impegnati gli agenti della polizia stradale, i vigili del fuoco, gli operatori del 118, gli ausiliari della viabilità, atleti disabili e familiari delle vittime della strada". Oltre quattromila gli studenti negli istituti superiori ai quali Annalisa insieme ad altri genitori porta la sua esperienza, una testimonianza di coraggio e di resilienza, ma al tempo stesso un monito sull’importanza di "comportamenti corretti alla guida di auto e moto, perchè un errore umano può provocare la morte di una persona, e indietro non si torna". Nelle scuole, ai giovani che si apprestano a prendere la patente, lei porta, numeri, storie e le conseguenze, fisiche e psicologiche, di chi è rimasto coinvolto in un incidente, o di chi come lei, ha perso l’unico figlio.
Testimonianza, cronache dei quotidiani, lavoro sul campo: nessuna "lezione", solo la forza della conoscenza per "sollecitare la consapevolezza. L’obiettivo per noi è tenere viva la memoria di Simone ma al tempo stesso darci da fare affinchè altre famiglie non debbano vivere quello che noi abbiamo già vissuto".
Cicatrici dalle quali Annalisa e Alessandro ricavano la forza per andare avanti ed essere di aiuto "perchè il senso vero della vita è fare del bene, lasciando tutte le esteriorità per andare all’essenza". Il messaggio ai ragazzi è netto: "È importante che si rendano conto della pericolosità per se stessi e per gli altri, di atteggiamenti eccessivi e non corretti al volante. È da qui che si può invertire la rotta per arginare un fenomeno purtroppo in crescita". Nei primi dieci mesi dell’anno, ad Arezzo gli incidenti sono aumentati del 20 percento, dato speculare a Verona "dove stanno salendo gli incidenti nei quali sono coinvolti giovani risultati positivi al test dell’alcol e delle sostanze stupefacenti". È su questo fronte che Annalisa porta avanti la battaglia e lo fa con la potenza "dell’amore per mio figlio che sentiamo dentro di noi". Ha negli occhi la corsa in ospedale, lo strazio della perdita, "il dolore che paralizza", ma non molla. A Romena ha trovato "la spinta a reagire, canalizzare la sofferenza, per rasformarla in energia per gli altri". È la potenza del dono che supera il tempo e lo spazio. Perchè "la vita è pù forte della morte, come l’amore per i nostri figli".