Arezzo, 12 otobre 2021 - Dopo il racconto della sua storia al magistrato della procura di Perugia a tre giorni dal ritrovamento, Davide Pecorelli stamani torna davanti agli inquirenti, stavolta nell’indagine avviata nei giorni scorsi dai giudici della procura di Grosseto per ricettazione delle monete d’oro rubate nel 2019 a San Mamiliano di Sovana.
Ma l’imprenditore ed ex arbitro che, di ritorno da quasi 9 mesi in Albania dove si era dato per morto, non finisce di sorprendere: dopo aver dichiarato, infatti, di aver trovato in due casse il tesoro di a Montecristo ma di non esserne venuto in possesso, ecco che ieri mattina Pecorelli ha affermato di aver fatto richiesta di aiuto alla Caritas di Città di Castello, ribadendo inoltre di voler cercare quanto prima un lavoro «anche da operaio», per portare avanti la famiglia.
La Caritas, come è noto, sostiene persone e famiglie alle prese con difficoltà economiche. Il 45enne di Selci Lama non risulta più titolare delle sue attività, è in attesa di risolvere le sue pendenze con la giustizia italiana e albanese. Padre di quattro figli, vuole concretamente dare un supporto.
«Le mie difficoltà economiche sono chiare e vanno avanti ormai da mesi, quando cioè sono partito per l’Albania – ha specificato Pecorelli – In questa fase mi devo rimettere in gioco, devo pensare ai miei figli, anche perchè ribadisco che non farò più l’imprenditore in Italia...».
Intanto Davide, accompagnato dal suo legale di fiducia, avvocato Giancarlo Viti, per stamattina alle 9,30 è stato convocato al comando dei carabinieri di Porto Santo Stefano, nel Grossetano, dove gli inquirenti lo sentiranno sulla storia del tesoro che il 45enne ha dichiarato di aver trovato all’isola di Montecristo.
Non è escluso che Pecorelli si avvalga nell’occasione della facoltà di non rispondere in attesa di ulteriori sviluppi relativi alla vicenda che da settimane, ormai, sta facendo discutere. I carabinieri, peraltro, potrebbero chiedere all’imprenditore dove si trova il garage che lo stesso sangiustinese ha affermato di aver affittato per tre mesi all’indomani del suo arrivo all’isola del Giglio dove, con generalità false, era in una camera di albergo.
Gli inquirenti all’interno della stanza dell’hotel hanno anche sequestrato una ventina di elenchi su carta fotografica con dettaglio di antiche monete, tre mappe dell’isola di Montecristo, un libro della Divina Commedia e, appunto, la chiave con targhetta «garage Porto Santo Stefano» insieme ad altri oggetti non di valore.