Badia Prataglia (Arezzo), 5 febbraio 2025 – “Finisce un supplizio, ricomincio a vivere”. Tira un sospiro di sollievo Fabio, il figlio e fratello delle due donne di Badia Prataglia che per anni hanno preso di mira un’intera comunità, per poi concentrarsi sul camionista di Borello, Paolo Zignani.
Una boccata di ossigeno alla notizia del loro ricovero nel reparto di psichiatria del San Donato. Madre e figlia sono state ricoverate ieri mattina per un accertamento sanitario obbligatorio, misura richiesta dal sindaco di Poppi Federico Lorenzoni, che nei giorni scorsi aveva riunito un tavolo tecnico in Comune, con l’Asl e i servizi sociali per affrontare il caso che ha portato il paesino di Badia Prataglia sotto i riflettori. Si tratta di un accertamento sanitario obbligatorio, richiesto da un medico nei confronti di una persona per la quale si abbia il fondato sospetto di alterazioni psichiche da rendere urgente un intervento terapeutico e che rifiuti ogni contatto con il medico. Una misura provvisoria, in attesa di trovare una soluzione definitiva. Intanto però Zignani , oltre all’intera comunità di Badia Prataglia, tirano un sospiro di sollievo.
“Finisce un supplizio” racconta Fabio, figlio e fratello delle due donne ai microfoni de La Vita in Diretta, la trasmissione di Rai Uno che nei giorni scorsi si era interessata al singolare caso.
Anche Zignani commenta l’esito di una vicenda nella quale si è trovato coinvolto suo malgrado. “Finalmente riuscirò a dormire senza interruzioni, cosa che non faccio da giugno – dice l’autotrasportatore 57enne assistito dall’avvocato Raffaele Pacifico –. Anche questa notte, fino all’una ho ricevuto telefonate. Ora finalmente tutto tace”.
Madre e figlia (quest’ultima ha 36 anni) che Zignani conosce solo di vista, hanno inviato all’autotrasportatore di Borello 837 servizi non richiesti e fatto vivere in un incubo, da trent’anni, gli abitanti di Badia Prataglia.
Tutto è iniziato con 50 carri funebri, in cinque mesi, inviati alla casa del 57enne, con tanto di operatori delle onoranze funebri che spiegavano a Zignani di dover ritirare la sua salma. Poi a casa sono arrivati fiorai, imbianchini, giardinieri, muratori, agenti immobiliari, restauratori, carri attrezzi, taxisti e corrieri con abiti da sposa, confetti, bomboniere, vini, pizze, panini.
Ma non è finita qui. A casa del 57enne si sono presentati perfino uomini in cerca di prestazioni sessuali dopo che una donna (che poi è risultata essere la 36enne stalker) aveva creato un profilo su un sito di incontri online, presentandosi come sua moglie. Episodi dopo episodi.
Sono più di trent’anni (è esattamente dal 1992) che le due stalker tormentano gli abitanti. E da giugno dello scorso anno se la sono presa anche con Paolo Zignani.
L’avvocato Pacifico aveva richiesto per le due stalker l’arresto o in alternativa il ricovero in struttura psichiatrica. Dopo numerose denunce e procedimenti penali per atti persecutori e procurato allarme a carico delle due donne, e dopo che il magistrato di sorveglianza di Firenze aveva dichiarato la pericolosità sociale della più giovane e disposto il ricovero in struttura idonea, ieri mattina è arrivato il trasferimento al San Donato.