REDAZIONE AREZZO

Martina, prime carte della difesa. "Nervi fragili, ipotesi di suicidio". "No, già guarita"

"Aveva avuto una crisi post-adolescenziale ma ormai era cosa passata". "Tagli nel Capodanno del 2009. voleva saltare il balcone": ma per i medici erano episodi superati da tempo

Martina Rossi

Arezzo, 27 novembre 2016 - Al processo, se mai ci si arriverà, sarà uno degli elementi chiave. Con la pubblica accusa, e anche la famiglia, a sostenere che no, Martina non era depressa nè tantomeno aveva tendenze suicide e la difesa dei due ragazzi di Castiglion Fibocchi accusati di averne provocato la morte in conseguenza di un tentativo di stupro, a ribattere che invece nel passato psicologico della studentessa genovese volata giù da un grande albergo di Palma di Maiorca il 3 agosto 2011 bisogna scavare eccome per comprendere cosa successe in quell’alba di tragedia che la polizia spagnola classificò allora come suicidio.

Bene, La Nazione è in grado di ricapitolare le carte, già in parte note, che possono aiutare a capire meglio. Sta tutto nell’annotazione di polizia redatta il 15 giugno 2012, agli albori dell’’indagine, da un’ispettrice della questura di Genova, che parte da un’ammissione della mamma: sì, nel 2009 la figlia aveva avuto un «periodo di crisi» e «aveva fatto ricorso alle cure di uno psicologo». E’ la conseguenza di una delusione amorosa, Martina va in depressione. La curano, con alcuni ansiolitici, il dottor P.C. e la psicologa L.A.

E’ quest’ultima a raccontare che la ragazza, all’epoca ancora al liceo, era ossessionata dalla fine di una breve relazione estiva con un coetaneo, tanto da averle detto «che non voleva più vivere, che alla festa di Capodanno 2008-2009 aveva rotto una tazza nel tentativo maldestro di tagliarsi le vene ma gli amici glielo avevano impedito». Di un altro episodio, riferito sempre dalla giovane, la psicologa spiega: «Mi pare che Martina mi abbia parlato di uno slancio verso il balcone e che sia stata trattenuta dai genitori».

Vicenda questa confermata anche da un medico di famiglia: la madre gli aveva detto che «Martina voleva scavalcare il parapetto». E tuttavia, questo periodo di difficoltà viene ridimensionato dal medico della Usl che ha avuto in cura la giovane dal 2006: «A livello psichico stava bene, aveva problemi tipo pene d’amore...un po’ triste e depressa...ma appariva come una normale crisi post-adolescenziale».

Non a caso, il dottor P.C. il neurologo, scrive nella sua relazione che «la struttura della personalità di Martina è sempre apparsa stabile e matura, del tutto incompatibile con gli episodi confusionali, ivi compresi i sintomi convulsivi e i disturbi del contenuto e forma pensiero come rappresentati nelle dichiarazioni rese da terzi durante gli eventi occorsi in data 3 agosto 2011».

Tutti i medici che l’hanno seguita, scrive l’ispettrice di Ps, affermano che quando hanno saputo della morte, «non hanno pensato al suicidio». P.C. ipotizza piuttosto «l’abuso di qualche sostanza che abbia influito sui freni inibitori», la psicologa «che avesse bevuto». In effetti, in un’occasione, il 27 settembre 2009 Martina era stata ricoverata al pronto soccorso «per riferito abuso alcolico» e nessuno sapeva ancora di un’eventuale tentativo di stupro.

Ma basta tutto ciò a far ipotizzare per la studentessa un comportamento anomalo nell’alba della morte? O resta prevalente lo scenario della fuga disperata e finita male da un abuso sessuale? Sarà uno dei temi centrali della battaglia legale. Papà Bruno, intervistato da La Nazione, è sicuro: «Non può essersi uccisa e non era depressa, conoscevo mia figlia». Il caso Martina non finisce qui, anzi è probabile che sia soltanto all’inizio?

di Salvatore Mannino