di Salvatore Mannino
Un appello lampo così non si era mai visto. Il 21 gennaio la sentenza di cassazione che ribalta l’assoluzione d’appello e ordina un nuovo processo, il 13 febbraio le motivazioni che fanno a pezzi il teorema assolutorio dei giudici di secondo grado, una settimana dopo la corte d’appello che fissa il giudizio al 7 aprile, cioè ad oggi. Già, si torna in aula per Martina e apparentemente è una sentenza già scritta. Ma quando c’è di mezzo un caso mediatico clamoroso come quello della giovane studentessa genovese volata già dal sesto piano di un grande albergo di Palma di Maiorca all’alba del 3 agosto 2011, una vita fa, mai dire mai. La posizione dei due ragazzi di Castiglion Fibocchi, Alessandro Albertoni, campione di motocross, e Luca Vanneschi, artigiano rovinato, come dice lui stesso, da questa storiaccia infinita, non è mai stata così scomoda. E tuttavia non esistono verdetti annunciati, tantomeno messi nero su bianco prima di andare a processo.
Certo, la terza sezione della Cassazione ci è andata pesante con il ragionamento che aveva indotto il primo collegio d’appello ad assolvere. Il che in qualche modo indirizza questo nuovo giudizio, davanti a un’altra sezione della stessa corte d’appello fiorentina, stavolta presieduta da Alessandro Nencini, uno che alle grandi storie giudiziarie ci è abituato. Fu il presidente del collegio d’appello che condannò Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l’omicidio di Meredith Kercher (sentenza poi annullata senza rinvio in cassazione) e anche quello che confermò i 26 anni di primo grado a Padre Graziano, uno dei grandi protagonisti della recente cronaca aretina (e non solo) per il delitto di Guerrina. Come a dire uno che non si spaventa dinanzi a un groviglio giudiziario quale è quello di Martina, nel quale solo l’ostinata volontà di giustizia dei genitori Bruno e Franca è riuscito ad aprire un varco per arrivare alla verità.
Quali spazi di movimento ha questa seconda sezione d’appello? Teoricamente, la suprema corte detta solo un principio di diritto, lasciando poi ai giudici di merito la libertà di decidere sull’innocenza o la colpevolezza. In realtà, le motivazioni di febbraio sono così stringenti nell’individuare i punti deboli dell’assoluzione e nel ricalcare il teorema d’accusa del tribunale di Arezzo in primo grado che gli avvocati Tiberio Baroni (per Albertoni) e Stefano Buricchi (per Vanneschi) faranno una gran fatica a individuare un buco nel muro d’accusa.
Loro comunque ci provano e stamani, dopo la presentazione introduttiva del giudice relatore, chiederanno la riapertura dell’istruttoria per sentire alcuni testimoni che considerano chiave, come i poliziotti delle prime indagini in Spagna e soprattutto Francisca Puga, la cameriera unica testimone oculare del terribile volo, che però la Cassazione colloca in una posizione diversa e più lontana da quella dei giudici d’appello. Quasi a dire che non poteva vedere tutto quello che dice di aver visto, cioè Martina che si lascia andare al centro del balcone.
Il che ci riporta a un altro elemento centrale delle motivazioni di febbraio: la sbeccatura sul terrazzo è laterale, compatibile con una caduta nel tentativo di scavalcare verso la stanza accanto e quindi con l’ipotesi d’accusa del procuratore Roberto Rossi in primo grado, poi avallata dal giudice Angela Avila: la ragazza fuggiva da un tentativo di stupro dei castiglionesi.
Se la corte d’appello dovesse respingere la richiesta di riaprire l’istruttoria, il processo potrebbe esaurirsi nelle due udienze che sono già fissate: oggi e fra una settimana, il 14. Ci sarebbero i tempi così per un ritorno in Cassazione inevitabile davanti al sicuro ricorso delle difese contro un’eventuale sentenza di condanna. L’orologio della giustizia si ferma alla metà di ottobre. Dopo scatta la prescrizione, come a dire la negazione della verità. O la speranza di non uscire stritolati dal meccanismo giudiziario, a seconda del punto di vista. Qual è quello giusto?