Nocentini
Per molti anni gli elettori non poterono esercitare un diritto, quello del voto, che verrà poi sancito dalla carta costituzionale con l’articolo 48. Poterono tornare alle urne solo il 10 marzo 1946 a seguito di decreto prefettizio con il quale veniva individuata la data della sopracitata, giorno in cui ad Arezzo ci sarebbero state le elezioni per designare il consiglio comunale.
Vent’anni prima il consiglio comunale di Arezzo si era riunito l’ultima volta: era il 16 maggio 1926. Con un decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 2 luglio 1926 si nominavano i commissari straordinari, ad Arezzo la carica fu ricoperta da Giulio Nencetti che al termine del suo mandato fu nominato il primo podestà fascista. Durante il periodo immediatamente successivo la Liberazione, la provincia di Arezzo era costituita da trentanove comuni di cui trentotto con giunta comunale, e un sindaco, era presente un commissario prefettizio, ventidue segretari comunali di carriera e quindici non in carriera, situazione transitoria che accompagnò fino alla data delle elezioni.
Le forze politiche che operavano nel territorio aretino erano il Partito d’Azione, Comunista, Socialista, Democristiano e Liberale. Il Partito d’Azione, era formato da professori, insegnati, studenti, artigiani e operai, a quest’ultimi venivano dati incarichi in modo da mostrare di essere partito operaio, veniva anche definito partito “di soli quadri”, cioè formato da “poche” persone ma tutte impegnate.
Uno dei protagonisti del Partito d’Azione fu Antonio Curina, poi eletto sindaco di Arezzo ed in carica dal 1944 al 1946, preceduto dal podestà Varrone Ducci e, alla fine del mandato, sostituito da Enrico Grazi.
Nelle elezioni del 1946 sarebbero state interessate cinquantasei sezioni che avrebbero portato all’elezione di quaranta consiglieri. Il decreto prefettizio stabiliva, oltre alla data del voto che avrebbe interessato i cittadini del capoluogo, anche le date del 17, 24 e 31 marzo per gli altri comuni della provincia. Gli elenchi dei candidati per ogni comune doveva essere presentata da almeno 500 elettori nei Comuni con più di 500mila abitanti, 300 nei Comuni con più di 100 mila abitanti, 200 nei Comuni con più di 40.000 abitanti, 100 negli altri. Nessuna lista poteva comprendere un numero di candidati superiore a quello dei consiglieri da eleggere, ne inferiore a due terzi. Nel Comune di Arezzo furono presentate cinque liste: Pci quaranta nominativi, Dc quaranta menzioni di cui quindici però non iscritti al partito e quindi indipendenti, una lista di Concentrazione denominata repubblicana, presentata dai partiti d’Azione e repubblicano, con venticinque nominativi, una lista così detta Libertà e Lavoro, presentata dal partito liberale e dal partito democratico del lavoro, quaranta tra cui anche di partigiani e persone non iscritte ad alcun partito e il Partito Socialista. Per la prima volta nella storia del nostro Paese era possibile leggere nomi di donne fra i candidati.
Tre aretini su cinque erano chiamati alle urne. Su di una popolazione di 64.670 abitanti, tanti ne contava Arezzo nel maggio del 1945, data di inizio degli spogli per la compilazione delle liste elettorali, gli elettori erano esattamente in numero di 40.210 e tra essi le donne superano di un migliaio gli uomini in quanto esse raggiungono il numero di 20.660 contro i 19.550.
Il Partito socialista primeggiò ad Arezzo, mentre il risultato della Democrazia cristiana alle elezioni comunali non fu particolarmente brillante.
Il consenso al partito si rivelò, nello specifico, modesto nelle frazioni del comune dove votava circa il 50% degli aventi diritto. La vittoria nel capoluogo fu attribuita ai socialisti che conquistarono quattordici seggi. Dodici andarono al Pci, otto alla Dc, cinque alla lista Libertà e Lavoro, uno alla Concentrazione Repubblicana.
Il consiglio comunale di Arezzo si insediò il 21 marzo 1946 e alle ore 17 suonò a festa il “campano” della torre comunale. Fu nominato sindaco Enrico Grazi con trentasette preferenze che rimase in carica fino al 21 febbraio 1948, candidato alla Camera dei deputati e poi sostituito da Santi Galimberti. Era stato eletto anche all’Assemblea Costituente che scrisse la nostra carta fondamentale. Con Grazi diventarono assessori Ettore Angiolini per il Pci con trentotto voti, Mario Merli per il Psi con trentasei voti, Orazio Mori per il Pci con trentadue voti, Gianni Gatteschi per il Psi con trentuno voti, Reale Loto per il Pci con trentuno voti e Santi Galimberti per il Psi con trenta voti. Il 10 marzo 1946 viene sancita l’eleggibilità dei cittadini e delle cittadine che avessero compiuto 25 anni al giorno delle elezioni.
Si apriva una nuova pagina di storia per l’Italia repubblicana. Una conquista meritata e consapevole dimostrata nelle elezioni amministrative, nel referendum per la scelta tra monarchia e repubblica e per l’Assemblea Costituente dove il numero delle elettrici che si recano alle urne è altissimo. In Provincia di Arezzo votanti per le amministrative furono circa 60 mila pari a 19.354 uomini e 20.643 donne. La conquista del voto alle e delle donne fu senza alcun dubbio lunga e molto travagliata.