Con la sua scienza si muoveva ai confini del mistero, convinta di poter aiutare chi soffriva andando al di là dei metodi tradizionali, che pure padroneggiava. Alla fine è scivolata in un mistero. Il mistero di una notte, colpita a morte da chi aveva quasi adottato, sulla soglia del cancello che divideva la sua tenuta dal paesaggio infinito della Valdichiana. Il mistero dell’animo umano, lì dove la gratitudine si arena, la possessività dilaga, la morte dà del tu.
Letizia, un nome che poteva essere anche il suo soprannome per quel carattere solare che la caratterizzava, è caduta così nella trappola di un femminicidio. Quel ragazzo di 37 anni l’ha presa di mira, forse perché tentava di convincerlo a spezzare il filo che lo legava alla figlia, un rapporto ormai finito, e alla sua famiglia. Lui ha preferito spezzare la sua vita, con un colpo di bastone che le è stato fatale. In faccia o quasi, come se lei avesse voluto fino alla fine guardare negli occhi chi le si rivoltava contro.
È la fine amara di Letizia Girolami, una vita in viaggio ma colpita nella sua terra: era voluta tornare alle radici, riattivare la casa paterna, chiudere un cerchio. Amava farlo anche nella sua attività. "Era una sciamana" dice qualcuno con un filo di disprezzo perfino nella sua Foiano. E in effetti la cosmologia sciamanica l’aveva studiata: ma solo perché è una delle forme di spiritualità più antiche del mondo. Scoperta da anni, forse nella lunga permanenza in Sudafrica, lì dove aveva scoperto animali fino a quel momento sconosciuti anche a lei, che pure con gli animali viveva: come i cercopiteghi, primati di media taglia, o i galagoni e tanti altri. Affiancava alla psicoanalisi e alle psicoterapie un viaggio nelle arti orientali. Ma poi la sua vita scorreva tranquilla, tra il mercato di Foiano e la coltivazione dell’iris. Un fiore che aveva scoperto in Italia, per poi ritrovarlo nel giardino dell’università sudafricana per poi trapiantarlo nella sua vera Africa, che alla fine era Foiano. Il colpo fatale l’ha sorpresa a pochi metri dai suoi cespugli fioriti, dal cancello che divideva la tenuta dal mondo esterno. Era tornata a casa da circa 30 anni ma faceva continuamente la spola con Roma: nella capitale applicava la psicoterapia, a Foiano spaziava ai confini della scienza, tra attività spirituali e culturali. L’ultimo obiettivo erano i laghetti spirituali, proprio il suo carnefce avrebbe dovuto lavorare con lei per realizzarli: percorsi utili di spiritualità coniugati con l’acqua, un elemento primario. Letizia aveva sete di esplorare, intatta a tutte le latitudini. La stessa casa era diventata un laboratorio tra scienza, riti orientali, arte, anche grazie al compagno di vita, un artista canadese, e alla figlia, che ne aveva ereditato i geni più creativi. Sfoggiava tra le pergamene più amate quella dei corsi con Brian Weiss, il pioniere dell’ipnosi regressiva e della terapia delle vite passate. L’ipnosi per portare il paziente indietro nel tempo, perfino oltre la sua esistenza. Teorie difficili ancora da ingoiare, secondo i suoi sostenitori adatte a far affiorare ricordi rimossi di eventi traumatici. Non avrebbe mai immaginato che la vita l’avrebbe messa di fronte al trauma più devastante, un colpo assassino, il tradimento di un amico, e senza darle la possibilità di rialzarsi.
Lucia Bigozzi