Un colpo in tre minuti. La sera prima dell’assalto alla Fullove di Laterina, le telecamere avevano evidenziato la presenza della banda, almeno cinque persone, forse un sesto uomo rimasto in auto col motore acceso: un sopralluogo per "studiare" la zona e sopratutto come sfondare la porta dell’azienda. Avevano fatto un foro armeggiando proprio sul sistema di videosorveglianza. In buona sostanza: avevano preparato la scena dell’incursione da eseguire ventiquattrore dopo.
Nella ricostruzione delle modalità messe in atto dalla banda, c’è anche il particolare dello spostamento di un furgone della ditta che avrebbe potuto ostacolarli durante la fuga. Anche in questo caso, i malviventi avevano raggiunto a piedi l’azienda di Laterina, con in mano due picconi, una mazza e un’ascia. Ma emergono anche altri particolari sul fronte delle indagini che hanno portato all’arresto di due romeni di 25 e 30 anni. Dopo la convalida del fermo il giudice ha disposto per entrambi la custodia cautelare valutando concreto il rischio di fuga se fossero tornati in libertà dal momento che risultano senza fissa dimora.
Gli inquirenti hanno ricostruito che si è trattato di un piano studiato a tavolino, con tanto di preparativi, compresi l’acquisto di scarpe e indumenti da indossare per il colpo. E lo scontrino del negozio a certificarlo. Si sono mossi dalla superstrada nel tratto tra Arezzo e Monte San Savino e questo dettaglio, non irrilevante, rende possibile un collegamento con il colpo messo a segno il 21 novembre alla New Chains di Civitella. Evidentemente, una direttrice stradale battuta dalle bande specializzate nei raid. Gli elementi ricorrenti nella sequela di azioni, rimandano al volto coperto degli autori, agli spostamenti e alle vie di fuga predisposte dopo ogni blitz. Ma pure alla disinvoltura con cui si muovono anche davanti alle telecamere delle aziende colpite. Nella sequenza del colpo alla Fullove è impressionante la rapidità nell’azione e la freddezza dei ladri che una volta all’interno dell’azienda prelevano il bottino (ammonterebbe a centomila euro) e lo sistemano in alcuni sacchi bianchi.
Analogie che sembrano legare fatti e modus operandi lungo la scia di colpi contro le aziende del distretto orafo. Anche se finora non sono emersi collegamenti tra il gruppo dei sei ladri, due dei quali sono stati arrestati e l’altra banda che agisce sul territorio: secondo gli investigatori è fatta da professionisti capaci di muoversi con tecniche paramilitari.
Le indagini della Mobile e dei carabinieri vanno avanti a ritmo serrato, lungo la pista aperta dai due banditi ora in carcere. Di sviluppi a breve termine ha parlato al nostro giornale il questore Maria Luisa Di Lorenzo: "Il cerchio si sta chiudendo". Gli investigatori lavorano sotto traccia nelle fase forse più delicata dell’operazione che li ha portati a un passo dall’obiettivo: fermare la banda che terrorizza gli imprenditori orafi.