
di Lucia Bigozzi
Il garage sotto casa dove Geremia Menci saldava attrezzi per lavorare i campi non c’è più. Fabbro per mestiere e passione, con la stilla dell’ingegno trasferita agli otto figli, è il capostipite del Gruppo oggi leader in Italia e in Europa nella produzione di semirimorchi per camion in alluminio e acciaio, quartier generale a Castiglion Fiorentino, oltre quattrocento dipendenti e due brand strategici nel "pacchetto" di famiglia, commesse tra Arabia Saudita, Africa e America Latina. Nell’aprile 1927 quando tirò su la saracinesca del garage-officina, Geremia non poteva sapere che quasi cento anni dopo, i veicoli "Menci" avrebbero attraversato le strade del mondo, arrivando perfino in Nuova Caledonia e Suriname, il più piccolo Stato del sud America, tra la Guyana francese e il Brasile, ma di certo aveva capito che Francesco, Luciano e Adriano sarebbero stati i figli ai quali, un giorno, consegnare l’impresa.
E così è stato: tre generazioni al timone dell’azienda che dopo due anni di pandemia ha chiuso il 2021 con un fatturato record di 94 milioni di euro (+25 per cento), messo su strada 1796 nuovi veicoli, assunto cinquanta persone "cresciute" nello stabilimento castiglionese con un budget mirato alla formazione professionale specialistica. Nei piani del 2022 ci sono 8 milioni di nuovi investimenti e un target: +20 per cento di produzione. Non è stato facile, tra pandemia, approvvigionamento di materie prime a singhiozzo, crisi della logistica che dilata tempi e costi. Ma i Menci sono abituati a tenere duro, "mio padre non ha mai mollato nelle difficoltà e così anche i suoi fratelli. Un insegnamento che abbiamo fatto nostro", dice Andrea Menci responsabile export e marketing, alla guida del Gruppo insieme al fratello Massimo, direttore generale, Marco, presidente del Gruppo e direttore commerciale, Fabio e Simone manager nel board, ciascuno col suo ruolo e la sua fetta di responsabilità perché "i genitori ci hanno lasciato liberi di scegliere ma se entravamo in azienda, dovevamo lavorare sodo". L’armonia tra i figli di Geremia, è la stessa tra i nipoti e racconta un successo imprenditoriale tutto aretino.
"Invenzione, visione e sviluppo hanno animato l’impegno dei nostri padri e oggi guidano il cammino del Gruppo" la cui potenza di penetrazione nei mercati è sintetizzata nello slogan "Leggerezza in movimento", quella dei semirimorchi ideati da Francesco, Luciano e Adriano già nel 1980 (un’avanguardia per l’epoca) con la prima cisterna in alluminio. L’innovazione sta proprio nel materiale più leggero che consente una maggiore portata di carico. E’ la svolta per l’azienda che Francesco, Adriano e Luciano, dopo la morte di Geremia in un incidente stradale nel 1960, posizionano sulla produzione industriale di veicoli, abbandonando i rimorchi agricoli. "La crescente richiesta del mercato e la voglia di migliorarsi sperimentando nuove tecnologie, li spinge a sviluppare progetti; lavoravano all’unisono, si compensavano a vicenda", aggiunge Andrea sfogliando l’album dei traguardi imprenditoriali ma anche degli inciampi, come nel 1990 quando "il crack finanziario di Federconsorzi con cui i genitori avevano la maggiorparte di commesse, portò alla chiusura dell’azienda". Una cesura netta, ma nella difficoltà i Menci hanno saputo trovare la via per la risalita, inarrestabile dal 1994 in poi.
"Quell’evento è stata un’opportunità, perché decidemmo di reimpostare la tipologia produttiva e da allora non ci siamo mai fermati". I Menci sono ripartiti da zero: "Nel 1994 erano gli ultimi costruttori di semirimorchi in Italia e oggi siamo i primi con l’acquisizione dei brand strategici, Zorzi a Treviso e Acerbi ad Alessandria". Esattamente come fece Geremia quando nel 1943 il bombardamento aereo su Castiglioni rase al suolo la sua casa e l’officina e come, con le dovute distinzioni, fanno oggi gli eredi muovendosi nel pantano del post-pandemia. La "cifra" di Menci Group non sta solo nei numeri dei fatturati, bensì nella dimensione familiare che si respira nel "capannone" dove "i dipendenti contribuiscono alla crescita di questa grande realtà, ciascuno col suo impegno e professionalità. E’ la cosa più bella che c’è, una tradizione che si rinnova e tiene in sé valori senza prezzo". Per lui, Massimo, Marco, Simone e Fabio "far parte dell’azienda di famiglia è un onore", scandisce Andrea mentre un semirimorchio appena uscito dallo stabilimento lascia il piazzale: destinazione Senegal.