REDAZIONE AREZZO

"Meocci, così la truffa dei record" Oltre un milione con 241 bonifici

La vittima ricostruisce in tribunale il colpo. Un vorticoso giro di assegni sparsi su mezza famiglia

"Meocci, così la truffa dei record" Oltre un milione con 241 bonifici

Ti chiedi se sia più difficile costruire una potenziale truffa del genere o sentirla raccontare in tribunale. E in effetti ci vogliono ore nell’aula per ascoltarne i passaggi, anche se i giudici sono esperti e le varie parti abituate a tutto. Al centro le "gesta" di Roberto Meocci: lui, sempre lui, il quasi sessantenne nato a Sinalunga ma residente da queste parti. Ieri è arrivata al nodo l’impresa dei record che gli viene contestata: quella da un milione e quattrocentomila euro.

E così l’iter è stato ricostruito da una delle sue vittime preferite: un imprenditore milanese, messo nel mirino, secondo l’accusa, e portato lì dove non avrebbe mai immaginato di arrivare. Perché ci sta cadere in una trappola ma quando la botola è un tunnel infinito fatto di centinaia di episodi siamo davvero al di là di ogni immaginazione.

Il nostro si spaccia da grosso imprenditore farmaceutico, uno dei protagonisti sul mercato delle compresse e delle pasticche. E riesce ad invischiare con la sua rete chi ha scelto come malcapitato. Come ci riesce? Gli promette non una buona parola ma una parola decisiva per ottenere una bella fideiussione. "Con la mia parola e la mia garanzia – è il concetto – la strada sarà in discesa". E invece la discesa è un abisso nel quale tenta ancora di rimettersi in piedi: intanto spiegando ai giudici la sua verità. Quella fideiussione sarebbe andata in porto comunque, ma il fatto che l’apparente promessa venga mantenuta si trasforma nell’asso vincente della truffa.

Non solo per lui ma anche per i dipendenti della società messa nel mirino. Meocci, e per questa accusa è alla sbarra, gli fa intravedere guadagni stellari, affari a tanti zeri. Ma gli zeri diventano quelli dei debiti che si allungano a dismisura.

La ricostruzione che scorre in aula non si ferma alla cifra finale, un milione e quattrocentomila euro. Perché a quel traguardo si arriva con 241 bonifici e 28 assegni: un carteggio infinito, ognuno è un colpo di vanga per scavare la fossa di chi cade nella presunta trappola.

E quelle cifre non si fermano dalle parti di Meocci. No, nella ricostruzione vengono spalmati su mezza famiglia. Intanto sulla compagna di Meocci, poi sulla madre, o meglio sarebbe dire la suocera, e su altri parenti.

Una sorta di macchina infernale: al centro l’imputato, abilissimo nell’assumere le identità più diverse e a renderle credibili a fronte delle vittime. Intorno una serie di personaggi i cui nomi risuonano in aula. Un processo lungo: perché ci sarà una nuova udienza il 17 luglio, poi a settembre sarà l’ora delle difese e finalmente in autunno della sentenza. A giudicare sarà il collegio presieduto da Filippo Ruggiero: a guidare la parte civile è l’avvocato Niki Rappuoli, a difendere l’imputato è Fabio Andreucci.

E la truffa all’imprenditore milanese è una di quelle contestate: c’è perfino quella nella quale sarebbe riuscito a spacciarsi come di casa a Buckingam Palace. In un caso montato anche grazie alle indagini delle Fiamme Gialle: perché se da una parte ci sono introiti a pioggia e dall’altra non figurano altrettante dichiarazioni dei redditi qualcosa non funziona. Si sono mossi sul percorso dei denari: senza immaginare dove sarebbero arrivati.

Alberto Pierini