Meocci, non solo truffa. Rischia la bancarotta

Ennesimo processo. I giudici verso la possibile riformulazione del reato. L’ipotesi: con i suoi raggiri contribuì a far fallire e chiudere un’azienda?.

Meocci, non solo truffa. Rischia la bancarotta

Roberto Meocci condannato a sette mesi per sostituzione di persona

Per Meocci la condanna è arrivata ma solo per sostituzione di persona. L’accusa di truffa (di un milione e mezzo) è stata rispedita dai giudici in procura: il fatto è diverso da come contestato. Tutto da rifare; e l’accusa stavolta potrebbe diventare: bancarotta. E con lui potrebbe rischiare anche l’imprenditore che aveva denunciato tutto.

Certo, ieri mattina Roberto Meocci, il Madoff della Valdichiana, ha riscosso sette mesi di condanna ma solo per sostituzione di persona: stavolta aveva indossato gli abiti di un fantomatico avvocato Riccardo Menarini, erede della facoltosa famiglia fiorentina. Secondo l’accusa lo aveva fatto per raggirare un imprenditore lombardo che aveva adescato nei salotti della Milano bene: quelli dell’Hotel Gallia, dove si decide il calciomercato. Meocci, impeccabile nei suoi abiti sartoriali, era entrato come l’avvocato Menarini e con questo credito si era intrufolato con nonchalance in una chiacchierata tra Claudio Lotito, presidente della Lazio, e un imprenditore lombardo. Così avrebbe fatto abboccare la sua preda.

Era il 2020. L’azienda del 45enne non viveva un buon periodo e le banche avevano chiuso i rubinetti. Difficile lavorare con gli appalti in quel modo. Meocci, secondo quanto emerso dalla indagini, si sarebbe finto un intermediario in contatto con una broker di altissimo livello (in verità sua moglie): insieme potevano aiutarlo a risollevare la sua impresa grazie alla loro rete di contatti alla Lloys di Londra, bastava fare qualche bonifico iniziale come garanzia. In totale i versamenti arrivarono a quota 240. Un raggiro di un milione e quattrocento mila euro: secondo la pm Julia Maggiore quei soldi erano finiti su conti correnti riconducibili a Meocci. L’azienda poi fallirà e tanti dipendenti perderanno il lavoro. E così è scattata la denuncia.

L’uomo, assistito dall’avvocato Niki Rappuoli che tra i suoi clienti ha molte vittime del re della truffa, ha raccontato la sua verità agli investigatori, poi in tribunale. Meocci invece è in carcere, a Pisa. All’udienza di ieri ha rinunciato a comparire. Con i suoi legali Fabio Andreucci e Daniele Chiezzi ha sostenuto che parte della responsabilità di quanto contestato era anche dell’imprenditore lombardo. Non solo sua. Una tesi che potrebbe - il condizionale è d’obbligo - anche aver convinto il tribunale. Il collegio, presieduta dal giudice Filippo Ruggiero, ha condannato Meocci per sostituzione di persona ma ha rispedito gli atti in procura per quanto riguarda gli altri capi di imputazione (truffa e riciclaggio). Tutto da rifare perché i fatti sono diversi da come contestati, si legge nel dispositivo. Le motivazioni della sentenza si leggeranno entro 90 giorni. Fino a quel momento gli interrogativi rimangono: si va verso l’accusa di bancarotta? Rischia l’imputazione anche l’imprenditore lombardo insieme a Meocci?

Luca Amodio