Uniti nella tragedia e oggi nel ricordo della loro comunità. Due pietre d’inciampo a memoria futura, nel cuore di piazza Signorelli. Sono state apposte dall’amministrazione comunale per onorare due concittadini Francesco e Renato Mariotti, il primo ucciso nel campo di concentramento, il secondo sopravvissuto dopo 14 lunghissimi mesi di disumana prigionia ha potuto fare ritorno nella sua Cortona dove è morto 10 anni fa. Giorno della Memoria partecipato e commovente quello organizzato nel cuore della città. Presenti tantissimi giovani delle scuole medie e superiori del territorio. Accanto all’amministrazione i discendenti dei due cortonesi insieme all’associazione degli Ex Deportati e dei Marinai d’Italia.
"Non sono contenta solo per il mio babbo, lo sono molto più perché ricordiamo anche mio zio Francesco", ha confermato a nome della famiglia Donatella Mariotti figlia di Renato. "Di lui negli anni non si era mai parlato, ma di anni ne aveva 25 quando è morto. Aveva già due figli e una bambina che stava per nascere. Oggi, mia cugina, la figlia che non lui non ha mai conosciuto è qui con me ad onorare anche suo padre".
Francesco e Renato furono deportati l’8 marzo 1944. Renato, dopo qualche giorno di permanenza a Mauthausen fu destinato al campo satellite di Ebensee, per scavare nella montagna una rete di gallerie destinate ad ospitare il centro di ricerca missilistico tedesco. Non rivide mai più Francesco, che morì il 24 maggio 1944. La sua prigionia fu durissima. Fu liberato dagli americani il 6 maggio 1945, a 22 anni, dopo 422 giorni di lager, ridotto pelle e ossa. Donatella racconta la grande ritrosia del padre a rivivere la tragedia della sua deportazione in famiglia. "Non ho mai sentito mio padre parlare in casa della sua esperienza nei campi di concentramento. Il suo silenzio è durato 60 anni. Poi ha scelto di accettare di parlarne ai giovani nelle scuole e da allora la sua storia è stata resa pubblica".
In tedesco le pietre d’inciampo si chiamano Stolpersteine, servono a ricordare le vittime della deportazione. La scelta di piazza Signorelli di fronte al bar la Posta non è un caso. È qui che Renato, una volta tornato a Cortona, ha lavorato per tanti anni.
Donatella racconta anche un doloroso aneddoto. "Ero già grande quando rovistai nei cassetti di casa e mi imbattei in una fotografia molto piccola, sicuramente scattata dagli americani, il giorno che era stato liberato. Lui era disteso in una branda in una baracca perché era stato ferito ad una gamba a causa di un morso di un cane e di un proiettile che lo aveva, per fortuna, preso solo di striscio. Lo riconobbi solo grazie allo sguardo e agli occhi. Era ridotto uno scheletro. Non riesco a dimenticare quell’immagine".
Accanto a lei siede la cugina Ornella che sopraffatta dall’emozione sceglie di non parlare. Seguono le toccanti testimonianze di Laura Geloni, presidente zonale dell’associazione Ex deportati nei lager nazisti e dell’ammiraglio Fabrizio Cherici, presidente associazione nazionale Marinai d’Italia, sezione Toscana.
"Sono la figlia di Italo un deportato per motivi politici", dice Geloni. "Il mio babbo e Renato si conoscevano fin dai tempi dopo la liberazione. L’associazione era nata per dare voce alle loro storie a cui spesso le persone non credevano. Si parla ora della Shoa, con 6 milioni di ebrei uccisi. Meno comune e meno noto è il dato effettivo dei morti nei campi di sterminio, pari a 13 milioni. Un numero paritetico di morti, dunque, sono stati oppositori politici di tutta Europa. Sono orgogliosa di questa giornata a Cortona, perché queste pietre ricordano il loro sacrificio per una dignità che gli deve essere giustamente riconosciuta a distanza di 80 anni".
Tra i momenti d’effetto della cerimonia l’installazione temporanea di "Sedie vuote" realizzata nei sette comuni della Valdichiana, e curata a Cortona dagli studenti dell’Istituto Luca Signorelli con messaggi di grande trasporto e forza.