di Massimo Bagiardi
MONTEVARCHI
Chirurgo condannato a un maxi risarcimento nei confronti dell’Asl di Arezzo. Dovrà sborsare la bellezza di 923 mila euro un professionista fiorentino che operava, all’epoca dei fatti, all’ospedale della Gruccia di Montevarchi per aver eseguito, senza prendere in considerazione l’esame istologico al quale si era sottoposta la paziente, anche lei fiorentina, un intervento demolitivo senza cura con chemio e radioterapia prevista dalla patologia. La vicenda risale al 2007, l’Asl fu costretta a pagare un’importante somma risarcitoria ai familiari della donna poi deceduta e, a quel punto, proprio per rientrare del danno erariale avuto ha citato in giudizio lo stesso chirurgo che è stato condannato al pagamento della cifra. Una gravissima negligenza, per certi versi anche inspiegabile, e che ha portato a un procedimento di molti anni concluso con questa sentenza della Corte dei Conti che è comunque appellabile al secondo grado della giustizia contabile. Vista la gravità dei fatti non è stato fatto nessun sconto al medico da parte dei giudici decisi ad andare in fondo a questo caso che ha creato tanto dolore e altrettanto sconcerto all’interno dell’azienda sanitaria locale.
Nella sentenza con la quale si è deciso per il maxi risarcimento si legge che "è del tutto inspiegabile, secondo i normali parametri della razionalità, la ragione per la quale il medico non abbia inteso prendere visione del referto dell’esame istologico che doveva indirizzare la scelta terapeutica". Nonostante la diagnosi suggerisse un semplice trattamento conservativo come spesso accade in certi casi, chemio e radioterapia per l’appunto, la donna fu sottoposta a gastrectomia totale, con rimozione dell’intero stomaco, della milza, di una parte del pancreas oltre che a una parte del fegato. Le condizioni della donna anziché migliorare come lei stessa e i famigliari speravano peggiorarono sensibilmente, le sofferenze erano all’ordine del giorno e come triste conseguenza la sua vita finì alcuni mesi più tardi. Da qui ecco partire tutto l’iter giudiziario conclusosi con questo clamoroso risvolto ai danni del chirurgo.
Le motivazioni, infatti, parlano di decesso in conseguenza della scelta terapeutica operata dal medico, secondo le perizie agli atti del processo stesso, come hanno sottolineato i giudici alla fine della sentenza per questo caso protrattosi per tanti anni, con un trattamento adeguato alla donna sarebbero rimaste congrue possibilità di sopravvivenza a cinque anni - così dicono circa il 50% negli studi meno favorevoli - mentre, a fronte della chirurgia scelta, è deceduta entro sei mesi".
Non è la prima volta che l’ospedale del Valdarno finisce al centro di vicende giudiziarie, mai però si era parlato di un caso simile e che come protagonista, anziché essere l’azienda sanitaria stessa, è un chirurgo che, alla luce della sentenza espressa, ha evidentemente preso troppo alla leggera le condizioni di salute della donna che si era fidata ciecamente del professionista per cercare di riprendere in mano la vita di tutti i giorni.