
Cadde nell’Rsa Ninci Mugliano, sbatté la testa a terra e morì qualche anno dopo. A 14 anni di distanza arriva la condanna per la struttura
Arezzo, 18 aprile 2025 – Cadde nella Rsa Ninci Mugliano, sbatté la testa a terra e morì qualche anno dopo. A 14 anni di distanza arriva la condanna per la struttura (che poi si è rifatta sulla cooperativa Koinè che la gestiva): dovrà pagare 79 mila euro alla figlia della donna malata di alzheimer. Il ribaltone arriva in secondo grado con la sentenza della corte di appello di Firenze che si è espressa il 3 aprile scorso sui fatti del 2010. Al centro della decisione del tribunale le questioni relative agli obblighi di vigilanza e protezione nelle Rsa nei confronti dei soggetti fragili. Secondo i giudici fiorentini la struttura residenziale per anziani avrebbe dovuto vigilare la donna, sulle sue condizioni e sulla sua condotta.
La vicenda di cui si discute inizia nel 2010 quando la signora, già ospite della Ninci Mugliano di Arezzo, cadde per la prima volta. A questo punto i medici prescrissero l’uso di una cintura contenitiva, in particolare durante i pasti, così da prevenire altri incidenti visto che le sue condizioni la rendevano sempre più instabile. Nel 2011 c’è però una seconda caduta, sempre dentro la Rsa. Questa volta è più grave. La donna riporta un trauma cranico e la frattura del femore. Sarà necessario operarla e le lesioni avranno gravi ripercussioni sulla sua salute. La donna è deceduta alcuni anni dopo, ma la Corte d’Appello non ha stabilito un nesso di causalità diretto tra la caduta e il decesso.
A questo punto la figlia della donna, assistita dall’avvocato Marco Bufalini, fa causa alla Rsa contestando alla Ninci Mugliano la mancata adozione delle precauzioni del caso. Ma il tribunale di Arezzo rigetta: secondo il giudice di primo grado non sussisteva inadempimento da parte della Rsa: l’uso della cintura contenitiva era prescritto solo durante i pasti o in momenti di particolare agitazione della paziente; e inoltre al momento della caduta, era presente un’operatrice a circa un metro di distanza dalla paziente. Ma la figlia non è convinta e impugna la decisione. La vicenda va in appello e qui arriva la svolta.
E infatti la decisione di secondo livello ribalta tutto. I giudici hanno valutato in modo attendibili i testimoni chiave e hanno concluso che la Rsa non aveva adeguatamente adempiuto al proprio dovere di vigilanza e di protezione nei confronti della paziente. La corte d’appello ha in ultimo condannato la la Rsa a risarcire per 79mila euro i danni alla figlia della paziente, sia per il dolore subito per la perdita della mamma sia per le spese mediche sostenute.
E inoltre, nel definire le responsabilità, la corte ha anche accolto la domanda di manleva della struttura nei confronti della cooperativa sociale Koinè che stava gestendo il servizio all’interno della struttura. I giudici hanno poi stabilito che Koinè, rappresentata dagli avvocati Luisa Gracili e Carolina Picchiotti, dovrà tenere indenne la Rsa dalle conseguenze economiche della condanna; posto che sarà l’assicurazione, assistita dall’avvocato Corrado brilli, a coprire i danni, nei limiti del contratto di polizza, con una franchigia a carico della cooperativa.
Si tratta di un precedente importante in giurisprudenza riguardo i concetti di responsabilità assistenziali nella RSa. La decisione sottolinea infatti il ruolo di vigilanza e protezione che quest strutture devono garantire agli ospiti, soprattutto quando questi hanno patologie a carico che li rendono particolarmente vulnerabili.