Alberto Pierini
Cronaca

Addio a Boncompagni: genio dello spettacolo, aretino provocatorio e controcorrente

Legato alla città ma anche il primo a farla a fette. Poi confessava di preferirla a New York. Le radici, gli amici, gli scherzi. Oggi la camera ardente a Roma

E' morto Gianni Boncompagni

Arezzo, 18 aprile 2017 - E' morto il giorno di Pasqua, mentre tutto il mondo era in festa: quasi l'ultimo sberleffo da grande provocatore, controcorrente per natura e innamorato, avrebbe detto De Andrè, all'idea di andare sempre e comunque in direzione ostinata e contraria. Uno "sberleffo" in salsa aretina.

Ad Arezzo Gianni Boncompagni, scomparso domenica all'età di 84 anni (oggi la camera ardente nella vecchia sede della Rai e una breve cerimonia laica), era nato e da aretino sanguigno della città era il critico più geniale e costante. L'aveva lasciata presto, addirittura per andarsene in Svezia,ma ci tornava spesso. "Lo andavo a trovare continuamente - ci raccontò Arbore qualche anno fa - nella sua Arezzo: fu lui a farmi innamorare della Fiera. Ma poi mi portava a conoscere i suoi artisti,i suoi poeti, i suoi amici".

Aretino di Molin Nuovo, figlio di Anita Lorenzini e di Giuseppe di Pieve a Ranco. Era sfollato lì con la famiglia, sui monti che fanno cintura tra la Valtiberna e Arezzo. Raccontava della sua infanzia come di una banda di ragazzi di genio: l'architetto Giorgio Venturini, il pittore Franco Onali, Mario Arrigucci, Umberto Blasi.Ma la raccontava soprattutto a modo suo, provocatore e tagliente come un rasoio bilama.

"Ad Arezzo non c'era niente: l'unico ritrovo era piazza Guido Monaco ma per fumare due due nazionali e via". La stessa Guido Monaco che a Claudio Sabelli Fioretti,firma diprestigio del Corriere della Sera, tanti anni diopo avrebbe descritto come una "piazzaccia, non c'erano alberi, sembrava di stare a Bengasi".

Ficcante e divertito prima di tutto da se stesso, l'inventore di Sarchiapone,di Max Vinella  o del professor Aristogitone, tre  degli "eroi" di Alto Gradimento, amava trasformare anche la sua città in caricatura. Fin dal fischio del treno. "Non credo che esista una stazione più brutta di quella di Arezzo".

Poi quando la città si ribellava, non al giudizio sulla Stazionne che è condiviso anche da ferrovieri e controllori ma da quella dose di curaro in più, faceva dietrofront da perfetto innamorato. "E' una delle città più vivibili d'Italia, Sto più volentieri da voi che a New York" ci rispose due giorni dopo l'uscita dell'intervista sferzante di Sabelli, volutamente fuori misura nel complimento come nella critica.

"E sono fiero di essere nato qui". Oltre che a Molin Nuovo aveva vissuto anche a Saione in via Montanara: e 50 anni dopo continuava a interessarsi dell'Arezzo. ("Ma possibile che retroceda sempre" commentava implacabile ma con il sorriso sulle labbra).

Aretino il primo amore ("Si chiamava Angela, la portavo al Prato ma era solo un rapporto platonico"), aretine la noia e il divertimento. La noia della carenza di luoghi per i giovani, aretini gli scherzi studiati  a tavolino tra i vicoli come avrebbe fatto più tardi per radio, insieme all'amico e compagno di avventura Gianni Boncompagni. Ad un torneo di scacchi ai Costanti si presentò come il miglior giocatore d'Europa: sapeva a malapena le prime mosse della partita. "E ogni tanto andavamo a prendere il buttino (pescato dalle fogne) con i secchi e lo gettavamo addosso dalla finestra ad un amico che abitava vicino alla Casa del Petrarca".

La sua vita professionale sarebbe corsa altrove, lontana da Arezzo e da quel 13 maggio 1932 in cui era nato. Madre casalinga e padre militare, studi da accademia fotografica e grafica e poi il boom con la rivoluzione dello spettacolo, prima radiofonico e poi televisivo.

Ad Arezzo come a Cuneo gli studenti negli anni '70 tornavano precipitosamente a casa all'ora di pranzo per non mancare l'appuntamento con Alto Gradimento. Inventata lontana da Arezzo ma pescando a volontà nel cinismo e nella goliardia sotto traccia di una città che amava e contestava, un po' come ogni buon figlio fa con il padre. "Una città grigia, di origini contadine, indietro rispetto alle altre" diceva senza peli sulla lingua ma anche senza crederci fino in fondo.

Ma anche meglio di New York e con una misura umana che avrebbe continuato a ricercare per tutta la vita. Fin da giovane, quando tornava in Mini, fianco a fianco con Arbore. Forse, chissà, anche per evitare di incrociarsi troppo con la stazione più brutta del mondo.