Alberto Pierini
Cronaca

Natale, la notte dei santuari: tra ieri sera e oggi a migliaia tra La Verna e Camaldoli

La veglia sia sul monte di Francesco che al monastero. Le marce a piedi, le fiaccolate, il ritiro che poi ricucirà la festa com Capodanno

La Verna

Arezzo, 25 dicembre 2018 - Si muovono nella penombra del convento guidati dalla luce delle torce. Siamo al di là del secondo millennio, in tasca il cellulare che volendo sarebbe in grado di illuminare il cammino per se stessi e per le decine di ombre che ci vengono dietro dal Tau alla Basilica, tra i segreti della Verna. Ma al quale nessuno ricorre. Come se avesse paura accendendolo di infrangere l’ultimo velo, come se temesse di interrompere un’emozione.

E’ il Natale della Verna. E’ il natale della foresta di Camaldoli. Che poi nell’arco di pochi giorni diventerà il Capodanno dei due monti della fede. Quando da una parte il salone di Santa Chiara vibrerà di jeans, chitarre e panettone, dopo la Messa di mezzanotte tra un anno non ancora finito e uno non ancora cominciato. E quando a piedi centinaia di pellegrini prima saliranno all’Eremo e poi ne scenderanno, salutando così il passaggio tra due anni in fondo perfettamente uguali tra loro.

Pellegrini e giovani. Perchè nella giornate di fine anno La Verna e Camaldoli si strappano di dosso, come una maschera, la leggenda di essere un paese per vecchi. No, non sono vecchi quelli che dalla Beccia risalgono con i piedi affondati nella neve fino al Quadrante, perfettamente in tempo per l’inizio della veglia. E non lo sono certo quelli che tentano di capire, è il tema dell’anno dalle parti del monastero, «L’amore di sè nell’età del narcisismo». Di avventurarsi nel ponte tra l’invito verso gli altri del Cristo e l’invito verso se stessi della civiltà degli smartphone.

Un sano amore di sè è possibile? Lo studieranno a fine anno tra i silenzi del monastero: silenzi veri, perché i famosi cellulari «non prendono» e non c’è neanche il rischio che ti interrompano sul più bello. O tra i silenzi della Verna, la cui fede incrollabile in fondo è appesa ad un saio a brandelli e ad una pietra obliqua che si regge quasi per caso sul fianco di una montagna. Eppure a migliaia risaliranno i due monti.

Ieri vigilia già dalle 19, partendo dai primi vespri in Basilica e poi in una lunga veglia fin oltre l’alba, ricominciando la mattina dopo sospesi tra SantaMaria degli Angeli, il presepe gigante di legno arrivato da Firenze e la chiesetta delle Stimmate. Troppo piccole per il Natale delle folle, troppo grandi per chi cerca il deserto della cappellina di S.Bonaventura, pochi metri quadrati di preghiera. Troppo piccoli per chi si perderebbe nella foresta, lì dove anni fa è morto fra’ David, un novizio tradito dal suo amore per la natura.

Tutti divisi ma tutti uniti, fino alle 15 del giorno di Natale, per l’ennesima processione dal corridoio delle Stimmate, sfiorando gli affreschi che come in un film raccontano la vita di Francesco. Neve e pietra, fiaccole e freddo: e gli ambienti caldi nei quali una tazza di cioccolata ti inonda più dello champagne di mezzanotte. E’ l’altro Natale ma in fondo è l’unico che abbia davvero radici.

A Camaldoli il fratello di Verdone è andato a inseguirlo per raccontare il suo Michelangelo. E ogni anno cantanti e filosofi lo coltivano nel convegno di fine anno: tra gli altri Branduardi o Franco Battiato. Feste sul filo della meditazione e della confessione: a Natale lo scheletro è asciutto. Confessione e preghiera, preghiera e confessione. Dalla mattina della vigilia fino anotte, le meditazioni dei monaci, i vespri, quindi la Messa, per riprendere all’alba. A cavallo non solo delle ore della fede ma anche del solstizio d’inverno: il giorno più piccolo dell’anno, per dirla con Sant’Agostino, diventa lo spiraglio nella notte più buia.

Il fragile corpo del Cristo, neonato nei presepi di legno dei due santuari, inizio del percorso della salvezza cristiana. Dalla penombra delle fiaccole fino alla luce piena, attraversando la neve e il freddo che qui e solo qui diventano compagni di strada, scenario di una festa millenaria. Le coppie, le persone sole, le famiglie si compongono e si scompongono in un’umanità parallela, dove nessuno è solo e nessuno è in compagnia: in processione in un corridoio o in cammino in una foresta. Gelata e senza paure.