Arezzo, 10 gennaio 2023 - Anche il "sindaco di Borgunto" ha attaccato la fascia tricolore al chiodo. La sua bottega è ancora lì ma il portone è sprangato. Sprangato da Capodanno. Il tempo di onorare, il sabato, la sua ultima Fiera Antiquaria. Il tempo di aprire a San Silvestro.
Il colore del portone del negozio di Gianni Rossi, antiquario di Borgunto come da sempre si definisce, in molti lo scoprono solo ora. Perché da 35 anni c’era solo la vetrina: perfino in pausa pranzo la lasciava scoperta, in modo da far intravedere i tesori all’interno. Ma quando poteva mangiava dentro.
Un amico ristoratore gli portava il pasto al sacco: e lui a tavola, tra un paiolo di ferro battuto e un baule d’epoca. "Sono stato il pioniere delle domeniche di apertura dei negozi: quando ho cominciato io pochi mi seguivano, al massimo qualche collega".
Ma il suo vero orgoglio è legato alle Fiere. Perché dal 1983 ha sempre aperto, sia il sabato che la domenica. Fateci caso: fanno quasi 500 antiquarie filate. "Una sola eccezione, nel febbraio del 2021: ero in ospedale per un’operazione". Ma sul letto già "friggeva": pronto a tornare sul pezzo appena possibile. E a marzo era in effetti lì, tra il paiolo e il baule.
"La passione era nata a scuola: in terza media la professoressa Raspini ci parlava di Ivan Bruschi e ho deciso di rompere la tradizione di famiglia". Babbo e nonno nell’edilizia, lui ha virato verso gli arredamenti di interni, come si direbbe oggi con un linguaggio moderno.
Ma le sue radici sono da artigiano. "Sono anche restauratore, da mio padre ho preso una grande manualità, l’ho portata tra i pezzi antichi". Dal 1983 a bottega da Franco Vanneschi, per tutti "Pizzico". Dal 1987 in proprio, in quella bottega dal portone di legno ormai sbarrato. E sempre in Borgunto un altro fondo.
Alla Fiera molti entravano anche solo per fotografarlo. La classica bottega di un tempo, l’ordine non era il suo forte ma raccoglieva i valori di Bruschi: di tutto un po’, la trouvaille come principio. Il suo cavallo di battaglia il ferro: dai chiodi ai paioli ai tavoli. E anche la capacità, via via cresciuta, di dialogare con gli stranieri in un inglese che non sarà stato perfetto ma almeno chiaro sì.
Ogni tanto nella bottega entrava("non per vantazione" dice da vecchio aretino), curioso come gli altri, qualche vip. Naturalmente Roberto Benigni: da Borgunto il set del film lo ha cullato per mesi, la foto di rito l’ha sempre tenuta in negozio. Ma non solo Benigni. Forattini lì dentro si trovava a casa sua, l’ex capo di Mani Pulite Borrelli ci capitò più di una volta. E comprò da lui perfino Felipe Gonzalez, presidente del governo spagnolo per 14 anni filati.
La scorta in Borgunto, fuori del portellone, e l’uomo politico dentro. E poi ancora Felice Gimondi, cantautori storici come Guccini e De Gregori, perfino l’attuale capolista del campionato Spalletti. Tra gli ultimi ospiti di grido Massimo Galli, il virologo diventato una star, da lui sempre rigorosissimo nell’uso delle mascherine.
Una vita da antiquario. Perché interromperla ora? "Beh, ci sono le stagioni ed è bene cambiare. Anche se di certo le spese e le bollette hanno accelerato la decisione". I suoi tesori li ha ancora, deciderà cosa farne. Ha interrotto anche le vendite online almeno da professionista. Ma per ora i fondi restano i suoi e chissà.
Non ha lanciato ai quattro venti la notizia della chiusura: ha chiuso e basta. Perfino con i colleghi. E pensare che era stato l’unico a riuscire a metterli quasi tutti a tavola, in una cena rimasta quasi storica per una categoria divisa in mille rivoli. "Ma mi dispiace che i giovani non si avvicinino a questo lavoro. Non trovi un antiquario sotto i 50 anni". Da qualche giorno non trovi in piazza neanche lui. A meno che non si nasconda in bottega, dietro il portoncino di legno.