REDAZIONE AREZZO

Non è un posto per giovani. In 10 anni 4mila under 34 in meno. Poche nascite e tanti in partenza

Arezzo è tra le 50 peggiori province nella fascia 15-34 anni: calo del 6,6% dal 2014. Il report della Cgia di Mestre e il quadro da incubo: università e lavoro trainano l’esodo.

di Serena Convertino AREZZO Una città sempre più vecchia. I numeri dell’inverno demografico, italiano e non solo, sono ormai noti. Ma che portata ha il fenomeno a livello cittadino? Negli ultimi 80 anni Arezzo ha visto un crollo delle nascite del 68%, un dato esorbitante a cui fa eco uno spopolamento giovanile sempre più accentuato.

I giovani adulti tra i 15 e i 34 anni, di fatto, sono sempre meno. Detta con dei dati, -6,6% rispetto a 10 anni fa. La classifica impietosa dell’Ufficio Studi Cgia posiziona infatti Arezzo nella prima metà del rank, quella più colpita dallo spopolamento giovanile. Siamo la 50esima città più vecchia d’Italia, preceduti da una stragrande maggioranza di città del sud, e una manciata di centroitaliane, da contare appena a due mani. A farci compagnia in Toscana solo Massa Carrara alla 43esima posizione, e 10 province del centro Italia, sparse tra Marche Umbria e Lazio. Le restanti 38 sono tra il sud e le isole.

Se l’area italiana dove la notte demografica è più nera è il sud della Sardegna, con una variazione che va oltre il 25% in soli 10 anni, la città più virtuosa è Bologna, prima tra le 107 in classifica. Anche la dotta ha vissuto un tracollo demografico: i nuovi nati nel giro di 80 anni sono passati da essere 10.498 nel 1943 a 6.523 nel 2023, con un calo del 37,9%. Un dato controbilanciato, però, da quello relativo alla popolazione giovanile tra i 15 e 34 anni, che negli ultimi dieci anni è stata in netta crescita: tra il 2014 e il 2024, è infatti balzata su dell’11,5%.

Due dati a confronto. Se il calo delle nascite è una realtà evidente sia ad Arezzo che a Bologna, con un distacco netto tra il 68% aretino e il 37,9% bolognese, è comunque notevole il recupero del capoluogo emiliano.

Resta infatti da commentare, aldilà del dato sulla natalità, quello sulla capacità attrattiva della città.. Dove Bologna si rafforza come polo dinamico in cui i giovani nati tendono a lasciare radici e i nuovi inquilini e gettarne di nuove, Arezzo mostra segni di un declino demografico senza sconti. Complici, per la prima in classifica, l’attrattività della città come polo universitario e la vivacità del mercato del lavoro. Un circolo virtuoso tra attrattività universitaria, vivibilità cittadina e offerta lavorativa che, con l’università a fare da innesco, alimenta un buon ricambio generazionale e nuova linfa per l’economia e i servizi.

Parte del problema, rispetto ai dati sull’andamento della popolazione giovanile, è poi connesso alla fuga all’estero dei giovani italiani , una tendenza che ha vissuto un’impennata proprio dopo la pausa della pandemia: secondo i dati della fondazione Nord Est, in 100mila nel 2022-2023 hanno lasciato l’Italia, due terzi più di quelli che sono tornati.

Un saldo migratorio ancora più in rosso se consideriamo che secondo il rapporto Istat presentato a “Statistica senza frontiere”, dei 132mila giovani laureati italiani tra i 25 e i 34 anni emigrati tra il 2013 e il 2022, solo 45mila sono poi rientrati nel nostro Paese. Una perdita netta di oltre 87mila giovani risorse qualificate che equivale a poco meno della popolazione di una città, per l’appunto, come Arezzo.

Quali, allora, le politiche che potrebbero incentivare i giovani a rimanere in città di piccola e media dimensione come Arezzo? Se i fattori in campo sono molteplici, restano centrali le questioni dell’attrattività universitaria e lavorativa: il primo motivo per cui i giovani, oggi, si spostano in Italia e all’estero.