Lucia Bigozzi
Cronaca

Uccide la moglie, gli ultimi istanti. "Non sai stendere i panni", poi l’orrore

Seguiva la donna malata da solo. L’abbraccio dopo il colpo di pistola. Lunedì l’udienza di convalida

Il palazzo di Viale Giotto dove è avvenuto il delitto: l’intervento della polizia (foto Alessandro Falsetti)

Il palazzo di Viale Giotto dove è avvenuto il delitto: l’intervento della polizia (foto Alessandro Falsetti)

Arezzo, 23 giugno 2024 – Le chiavi girano e serrano il tempo, i pensieri e il dolore dietro le sbarre. Le luci, i suoni, le voci, i volti nuovi in quel limbo che, visto da fuori, fa terrore. Il carcere. Ma qui, nella terra di mezzo degli uomini che hanno sbagliato, Alessandro Sacchi ha trovato l’umanità che non si aspettava. Ha 80 anni ha ucciso la moglie, malata di Alzheimer. "È stato accolto con un sentimento di comprensione e di umana solidarietà dai detenuti che gli hanno preparato la cena, tenendogli compagnia nelle prime ore di impatto con una realtà che Sacchi immaginava completamente diversa. La stessa umanità che contraddistingue la polizia penitenziaria e in particolare gli agenti di Arezzo", dice Piero Melani Graverini, l’avvocato che lo assiste insieme al collega Stefano Sacchi, nipote dell’omicida.

Ed è la prima cosa che ha raccontato nel colloquio a San Benedetto. Lo ha riferito "con stupore perché non se lo aspettava" ma anche con un senso di condivisione, per lui che alla sua età porta sulle spalle un macigno enorme. Sacchi è in carcere per un colpo di pistola alla tempia di Serenella Mugnai, la moglie di 72 anni, da tre ormai lontana dalla casa in viale Giotto e da quel matrimonio, saldo e profondo, che li ha uniti per mezzo secolo.

Prigioniera di una forma grave della malattia che le aveva cancellato ricordi, immagini, momenti, proiettandola nel buio di un altro mondo. Un colpo di pistola che spezza una vita e ne devasta un’altra proprio alla vigilia dell’anniversario di matrimonio che Sacchi stava preparando per festeggiare con lei. Insieme, come sempre, nonostante la malattia. Come pure la vacanza a luglio in Puglia, al mare. Ma tutto è precipitato, una frase secca che taglia dentro: "Non sai nemmeno stendere i panni".

Sacchi impugna la pistola, una vecchia calibro 765 ereditata dal padre e cimelio della guerra. Fa fuoco e uccide. Uno sparo, uno solo, che squarcia la notte del Giotto, il quartiere "bene" della città dell’oro, dove a mezzanotte di una notte d’estate la gente ha le finestre aperte e le tv incollate agli Europei. Lui spara, lei muore. Poi la pietà e quell’amore che non conosce malattia: va dai vicini, dice tutto, torna da lei, immobile, e l’abbraccia. Lo trovano così poliziotti e soccorritori. Sta tutto qui il delitto di viale Giotto, nessun mistero. Tra le pieghe dell’orrore c’è la disperazione di un uomo "coraggioso, che pensava di riuscire a gestire la malattia della moglie da solo, come soli erano da una vita, non avendo figli", racconta chi conosceva bene la coppia. Ma tre anni sono tanti e l’aggravamento repentino di Serenella era il tarlo che scavava nella mente di Sacchi.

Il resto è cronaca giudiziaria: lunedì la convalida dell’arresto e il primo faccia a faccia con il gip Stefano Cascone. Nelle stesse ore, l’autopsia sul corpo della moglie. È probabile che i legali della difesa chiedano gli arresti domiciliari per Sacchi. Ma in quella cella, per ora, forse ha trovato la sua salvezza.