Arezzo, 18 novembre 2023 – "Non è successo tutto quella notte". Ha perso la mamma e la nonna, massacrate dal babbo in una notte di sangue davanti a Porta San Lorentino. E a diciassette anni ricostruisce pezzi di vita, frammenti di un’adolescenza striminzita, stretta in giornate dense di solitudine, al riparo in quella cameretta un pò scalcinata ma tutta sua.
Un piccolo-grande mondo, un rifugio, tra gli eroi dei fumetti e le serie tv, dove rintracciare una parvenza di normalità, per lui costretto a crescere troppo in fretta. Con un padre che pochi giorni prima della tragedia aveva urlato "vi ammazzo tutti", con un coltello in mano.
È in quella cameretta che per dodici anni ha stemperato paure, diluito groppi in gola, ricacciato lacrime: occhi e mente puntati sulla fiction 911, tra le sue preferite. Gli è servita pure a imparare tecniche di primo soccorso e, quella notte, a tentare di salvare la madre.
Nello stesso letto in cui pochi minuti prima cullava la figlia di due anni, accanto a lei negli istanti della mattanza. Quella notte il ragazzo mette in pratica, ciò che aveva visto in tv: un massaggio cardiaco, prolungato.
Sara "rispondeva, emetteva dei suoni, era lì con me. Sono corso in bagno, ho preso un asciugamano e ho cercato di tamponarle la ferita più profonda. Lei ha ripreso a respirare".
Tutto inutile: Sara Ruschi, 35 anni, muore due ore dopo in ospedale, all’alba di un giorno d’aprile, sette mesi fa. Con lei cade sotto le coltellate di Jawad Hicham anche la madre, Brunetta Ridolfi, 73 anni.
Quella sera "la nonna si era fermata a dormire da noi: la mamma le aveva chiesto di occuparsi di mia sorella perchè al lavoro si era ustionata la mano. Lui me l’ha uccise".
Lui è il padre che questo ragazzo di 17 anni chiama per nome, col distacco della tragedia di cui è stato testimone e la freddezza di chi lo ha cancellato, per sempre. Forse ancora prima di quella notte.
«Sono andato a letto verso le 23. Mi ha svegliato a mezzanotte e mezzo mia nonna, era insanguinata, piangeva. Era buio, solo la luce della camera della mamma era accesa. In corridoio, ho visto Jawad uscire con il coltello in mano. Mi ha guardato in silenzio, è andato fuori. Temevo potesse fare del male a me e a mia sorella, così ho chiuso dall’interno la porta lasciando le chiavi nella serratura. Ho soccorso la mamma, chiamato il 118 e preso in braccio mia sorella. La nonna era accasciata su una sedia, non si muoveva. Non capivo se era un incubo o la realtà. Ma era tutto vero".
Poi l’attesa dei soccorsi, minuti che sembrano ore. "Dalla finestra lo vedevo in strada camminare con il coltello, mi ha guardato e gli ho urlato: figlio di p… La polizia lo ha bloccato. Sono sceso con mia sorella in braccio e ho chiamato il nonno. Ci siamo visti nell’ambulanza".
Gran parte dell’infanzia l’ha trascorsa a Ceciliano e con il nonno oggi vive, rinsaldando un legame affettivo forte. "Stavo molto tempo con loro, la nonna mi portava in giro, sempre sorridente. Mi davano 10-20 euro per uscire con gli amici, Jawad me li chiedeva", rievoca col volto incorniciato da una barba appena accennata, sottile traccia di chi sta per diventare uomo, e un cappellino di lana rosso calato sulla fronte. Nel suo sguardo, c’è lo sguardo di Sara.
Ripete di aver visto cambiare il padre già quando aveva dodici anni: "Era strano, silenzioso, non si occupava di me mentre la mamma era al lavoro. In casa non c’era mai niente da mangiare. Non era aggressivo, pensava solo a se stesso".
Tutto precipita la notte di Capodanno: in casa litigi e botte. Silenzi, minacce. "Lui la picchiò, io li divisi, gridai che avrei chiamato la polizia e il nonno, mi dissero di lasciare stare. Pochi giorni prima della tragedia Jawad litigò con la mamma e urlò: prendo un coltello e vi ammazzo tutti. Tre giorni prima, la mamma era andata a fare denuncia per mandarlo fuori di casa, le risposero che senza una prova non potevano intervenire. Lui le aveva preso il telefonino, la carta di credito, le aveva cancellato i messaggi. La mamma partecipava a un gioco su internet ma lui era geloso. Gli aveva detto che era stata a denunciarlo e lui si era arrabbiato, era diventato aggressivo. La mamma mi aveva detto che quando era incinta di mia sorella lui, ubriaco, l’aveva colpita con un pugno facendola cadere".