GAIA PAPI
Cronaca

Quella “pace” sancita dall’omicidio, pentito confessa gli spari ai Talarico. Uccisi per riunire i due clan rivali

Colosimo chiama in causa gli altri due killer, tra cui Giovanni Greco. I dubbi del legale sulla dinamica. L’espediente di un furto in comune poi l’esecuzione. Le rivelazioni saranno inviate alla Dda di Firenze

I rilievi della scientifica

Arezzo, 11 luglio 2024 – Nel 2022 nemmeno l’esame del Dna aveva dato una svolta decisiva al delitto dei fratelli Talarico. Ora, a distanza di 18 anni, dal carcere, Domenico Colosimo, uno dei dieci indagati per il duplice omicidio di Angelo ed Ettore Talarico ha confessato: "Siamo stati noi". Lo ha fatto tra la fine del 2023 e i primi mesi di quest’anno. Il dossier è depossitato in Procura a Catanzaro, in attesa di essere inv iato alla Dda di Firenze. Colosimo accusa se stesso e altri due calabresi - Giovanni Greco e Mario Gigliotti, pure loro residenti in Valdarno - di aver giustiziato, nell’aprile 2006, a colpi di pistola i due fratelli di 42 e 35 anni, nati in Calabria che si erano trasferiti da poco tempo in Valdarno dove lavoravano come muratori.

"Che Colosimo c’entrasse qualcosa con il duplice omicidio lo abbiamo sempre saputo" spiega l’avvocato Cinzia Scotto del tribunale di Arezzo, legale della famiglia Talarico. "Noi abbiamo sempre pensato che lui avesse attirato i fratelli nel tranello, che non fosse l’esecutore. Ma è credibile che lo sia. Quello che non torna è la dinamica che ha raccontato". Dal carcere Colosimo ripete: "Siamo stati noi".

Secondo il suo racconto quel giorno lui e altre due persone, tra cui Giovanni Greco, salirono in auto insieme ai due fratelli con la scusa di rubare del denaro da una casa. Un furto, insomma da mettere a segno insieme. Ma si trattava solo di un espediente per attirare in trappola i Talarico, che dopo essere scesi dall’auto furono uccisi e gettati in una buca scavata nel terreno, dove vennero ritrovati da un contadino della zona. La feroce esecuzione di ’ndrangheta avvenne nella notte fra il 7 e l’8 aprile 2006 a Terranuova, coi fratelli freddati da un colpo alla nuca. Uno da Colosimo, all’istante, l’altro tenta la fuga ma viene raggiunto dal colpo di pistola sparato da Greco dopo pochi metri. Poi vennero gettati in uno scavo realizzato nei giorni precedenti nel bosco del Borro alle Caprenne.

Il movente? La pace fra i due clan, Bubbo e Carpino, che doveva passare dall’uccisione di due persone; i prescelti erano i due fratelli: il loro sacrificio avrebbe spento la faida tra clan ’ndranghetisti. "La dinamica raccontata contrasta con l’esame del Dna svolto nel 2022, perché nell’auto non ci sono tracce dei due fratelli. Fratelli, fra l’altro, che non si fidavano di Colosimo, per questo ci sembra molto strano che siano saliti in auto con lui" continua l’avvocato. In quel 2022, la direzione distrettuale antimafia di Firenze mise sotto indagine dieci persone, tutte calabresi: Filippo Bubbo e Raffaele Bubbo; un imprenditore residente in Valdarno, Eliseo Greco, 48 anni, titolare di un’azienda edile; il fratello Giovanni Greco, in carcere in Calabria. E poi Fiore e Tommaso Gentile, entrambi detenuti; Mario Gigliotti, Domenico Colosimo, Giuseppe Rocca e Vincenzo Iervasi. E quasi venti anni dopo il primo delitto di n’drangheta compiuto in Toscana, arriva il pentimento di Domenico Colosimo. La rivelazione è nelle mani della Dda di Catanzaro in attesa di essere trasferita ai colleghi di Firenze. "La versione verrà già ritenuta credibile, considerando la testimonianza del primo pentito, Danilo Monti, il quale aveva accusato Colosimo di essere uno dei killer di Terranuova".