Arezzo, 8 ottobre 2024 – Una telefonata quando tutto era compiuto. “Tranquilla, ho visto tua madre, è qui con altre persone”. Dall’altro capo del telefonino c’è la figlia di Letizia Girolami. E’ in vacanza all’estero e chiama Irfan Muhaned Rana per avere notizie della madre, essere sicura che tutto fosse tranquillo. In quella telefonata, lui cerca di rassicurarla ma Letizia era già morta. Un elemento che trapela dalle indagini degli investigatori e che descrive il contesto di quel sabato pomeriggio, quando al culmine di una lite il trentenne ha impugnato un bastone e colpito.
Un gesto d’impeto, è l’ipotesi dei carabinieri a caccia del movente, dopo la confessione di Irfan nella lunga notte in caserma, davanti alle domande del procuratore capo Gianfederica Dito e il magistrato Angela Masiello, titolare dell’inchiesta. Il trentenne crolla, cede, nel suo racconto ci sono troppi particolari che non quadrano. Fornisce una versione che non convince gli investigatori che chiamano in caserma il marito e le persone che vivevano nel casolare, oltre a parenti e amici della psicoterapeuta. Ma nella rosa di testimonianze, la sua presenza molte incongruenze. In tasca ha ancora i biglietti del treno per Prato, dove era andato in cerca di un lavoro, si giustifica cercando di costruirsi un alibi. Ma gli accertamenti mettono i carabinieri su una strada diversa e li portano a ritenere che la lite tra il trentenne e Letizia sia scoppiata nel pomeriggio. Poi lui se n’è andato, ha preso un treno, un viaggio di andata e ritorno. Se n’è andato dopo aver ucciso la psicoterapeuta che l’aveva accolto in quel casolare nella campagna tra Foiano e Pozzo della Chiana. Lì dove era iniziata la relazione sentimentale con la figlia della professionista. Un rapporto burrascoso, in questa fase arrivato al capolinea. A quel ragazzo Letizia aveva dato un tetto e un lavoro: avrebbe dovuto costruire un “laghetto spirituale”, il nuovo progetto che stava a cuore alla professionista. Lei aveva uno studio a Roma ma riceveva anche nella sua abitazione.
Probabilmente anche per questo era intenzionata a trasformare gli spazi esterni in luoghi di benessere, non solo fisico. Per quell’incarico lo aveva ospitato nella dependance della tenuta. Irfan sabato pomeriggio era lì: forse ha visto uscire Letizia per la sua passeggiata insieme agli animali che accudiva con amore. Ed è lì che si consuma la tragedia: una discussione che tracima, la furia del giovane che la colpisce con il bastone. Secondo i rilievi del medico legale, il pakistano ha usato un bastone di legno, molto duro, lungo circa 20 centimetri e del diametro di 10. È “l’arma” che manca e quella che i carabinieri stanno cercando: intanto alcuni campioni di oggetti trovati sul luogo del delitto sono stati inviati agli specialisti del Ris per essere analizzati. Nella notte della confessione, nella caserma di Foiano, Irfan ha mostrato segni di pentimento. Un particolare che farebbe pensare a un gesto d’impeto e a escludere l’ipotesi della premeditazione. In carcere il trentenne attende l’avvio di un’altra battaglia. Che comincia oggi.