
Il comparto degli orafi aretini prepara il piano B
L’ombra dei dazi fa paura agli orafi aretini che preparano il piano B: verso i fantastici quattro dell’Europa. Ed ecco che arriva il momento di approfondire lo smercio verso Inghilterra, Francia, Germania e Spagna. Certo, già si commercia con loro, ma con una giusta operazione di comunicazione, tesa a far conoscere il made in Italy del comparto, gli imprenditori orafi mirano a contrastare le politiche commerciali di Donald Trump. Per questo motivo ieri ha fatto tappa in città la presentazione della ricerca commissionata da Agenzia Ice, in collaborazione con Confindustria Federorafi, riguardo i mercati dell’oreficeria e della gioielleria in Europa. L’indagine aveva l’obiettivo di fornire un’analisi completa del settore e di dare indicazioni operative, utili per lo sviluppo del Made in Italy nei mercati esaminati.
Alla presentazione sono intervenuti Matteo Masini, dirigente beni di consumo di Agenzia Ice, di Giordana Giordini, Presidente Sezione Orafi Argentieri di Confindustria Toscana Sud e componente del vertice di Confindustria Federorafi, e di Sandra Bruno di Yoodata Srl.
"L’indagine nasce dall’esigenza di fornire alle aziende strumenti utili ad orientare le azioni e le risorse in modo più mirato- spiega Matteo Masini- anche tenendo conto delle diverse politiche commerciali attuate dai players dei diversi mercati. Francia, Germania, Regno Unito e Spagna complessivamente, in questo ordine decrescente, costituiscono il 10% del nostro export e pertanto meritano un’analisi attenta per individuare le potenzialità ancora inesplorata".
"La ricerca – sottolinea Giordana Giordini presidente Sezione Orafi di Confindustria Toscana Sud - permette agli imprenditori di avere una visione chiara sui possibili scenari e quindi approcci in 5 rilevanti mercati di consumo di oreficeria ai quali spesso, forse per la relativa vicinanza, erroneamente, non dedichiamo la dovuta attenzione. Abbiamo invece ora, con questo strumento, la possibilità di documentarci e anche di comprendere come per ognuno di essi non siano univoche le modalità distributive e le esigenze dei consumatori".
Quello britannico è il mercato più ampio, con un valore di oltre 5,2 miliardi di euro; seguono la Francia (4,9 miliardi), l’Italia (4,2 miliardi), la Germania (4 miliardi) e infine la Spagna (1,6 miliardi).
Come canale distributivo, in ogni paese le gioiellerie detengono la maggior quota di valore, e in Italia arrivano a pesare per il 78%. Le gioiellerie del nostro paese hanno aumentato le loro vendite negli ultimi anni, e anche per il futuro mostrano ottimismo. Per quanto concerne le preferenze per articolo, i bracciali sono più acquistati in Italia, gli anelli e gli orecchini in Spagna e in Francia, le collane in Germania. Se si guarda alle categorie merceologiche in Italia, i bracciali sono più acquistati tra gli articoli in argento, diamanti sintetici, pietre preziose e bigiotteria, mentre nell’oreficeria in oro prevalgono gli orecchini, e quando si acquista un diamante naturale si propende per l’anello (nel 57% dei casi).
Circa metà degli acquisti di gioielli sono regali, la quota restante sono acquisti per sé; solo in Germania gli acquisti per sé sono decisamente preponderanti.
Che cosa spinge all’acquisto? I principale fattore è la “bellezza del design”; in Italia e in Spagna è importante anche il fatto che “il design sia nuovo, di tendenza”; in Francia, conta molto il “Made in France”, in Germania il “design semplice e funzionale” e in Regno Unito l’“affidabilità” del brand. In generale, nei Paesi mediterranei vi è una maggiore attenzione al rapporto qualità/prezzo.
Luca Amodio