
Oro, il boom del lusso "Noi avanti a Vicenza" Ecco perché i brand investono nel distretto
di Lucia Bigozzi
L’oro di Arezzo ha una marcia in più. I grandi brand della moda scelgono le aziende homemade che investono "nella professionalità e nella qualità del lavoro artigianale, armonizzato dall’innovazione tecnologica. In questo campo siamo i numeri uno". È il punto di forza che Mauro Benvenuto rileva da imprenditore, presidente orafi di Cna e "grand commis" della Consulta, analizzando un fenomeno in espansione negli ultimi dieci anni e che nel post-pandemia ha avuto un’accelerazione legata alla crescita esponenziale dell’export. Oro e moda trainano l’economia aretina: così nel 2022 e nella prima tranche dell’anno.
Le fiere sono il termometro che conferma la "febbre" dei buyers per l’oro di Arezzo. Lo ha certificato a gennaio l’esposizione di Vicenza, quella di Dubai a marzo e c’è attesa per Oroarezzo che a maggio (dal 13 al 16) si annuncia con numeri importanti, a cominciare dai trecentocinquanta compratori già accreditati, in arrivo da quarantacinque Paesi esteri, tra i principali mercati di sbocco del settore orafo e della gioielleria, con una forte presenza anche di clienti italiani.
La marcia in più di Arezzo sta "nello schema di una realtà imprenditoriale con aziende più strutturate rispetto, ad esempio, a quelle vicentine. Anche per questo i grandi marchi della moda scelgono Arezzo" con un livello di penetrazione stimato intorno al venticinque per cento sulle 1200 ditte che caratterizzano il comparto. Il progetto che la Maison Cartier sta portando avanti con la scuola orafa del Margaritone è la dimostrazione "del valore della tradizione aretina e della scelta di investire sulla formazione di giovani artigiani orafi", osserva Benvenuto che sottolinea l’interesse dei colossi della moda a caccia di "manualità e competenza. Cartier che punta sulla scuola orafa è un segnale importante perchè porta con sè entusiasmo e nuova creatività". La cura del "vivaio" del Margaritone è l’obiettivo della Consulta guidata da Giordana Giordini, presidente della sezione orafi di Confindustria. "Siamo impegnati nel far crescere la scuola orafa alla quale guardano le imprese che ogni anno sono alla ricerca di personale qualificato che non riescono a reperire sul mercato". Ogni anno dall’indirizzo per orafi dell’istituto aretino escono venticinque giovani con in tasca il diploma e "almeno cinque-sei offerte di lavoro" ricorda il preside Roberto Santi e conferma Riccardo Dini, uscito dalla scuola nel 2018 "con offerte di lavoro da sei aziende, al punto che dovevo solo scegliere". Oggi Riccardo ha già raggiunto una stabilizzazione dopo aver fatto esperienza in alcune imprese orafe. A 24 anni si considera "gratificato economicamente e con un percorso professionale aperto e molto stimolante. Nell’azienda dove lavora sta sperimentando la creazione di gioielli con progetti al computer e in 3D".
L’auspicio di Benvenuto è che i ragazzi scelgano la scuola per orafi "che assicura una formazione innovativa e sopratutto prospettive occupazioali immediate". Il conto del fabbisogno delle imprese aretine lo fa il preside Santi: "Ogni anno vanno in pensione circa trecento addetti nel settore orafo. Ne servirebbero altrettanti per colmare il gap". Trencento contro venticinque diplomati, è un rapporto che non ha bisogno di interpretazioni.