
Antonia Bosco, infermiera in servizio nel reparto di Medicina all’ospedale della Fratta racconta la sua esperienza
"All’Ospedale della Fratta, nel reparto di Medicina, ogni turno è una corsa contro il tempo. Venticinque posti letto. Quindici infermieri. Il novanta per cento dei pazienti completamente allettati, incapaci di alimentarsi, bere, comunicare". Sono numeri che, messi nero su bianco, sembrano già un’emergenza. Ma dietro quelle cifre c’è molto di più: c’è la stanchezza. Il logoramento. E una rabbia che, sempre più spesso, finisce per esplodere contro chi presta cure e assistenza. "Le aggressioni verbali sono quotidiane. I familiari arrivano nei reparti con il piede di guerra. Non hanno fiducia, pensano che non stiamo facendo abbastanza. E quando non riescono a vedere il risultato subito, scaricano tutto su di noi." Antonia Bosco è un’infermiera. Lavora in Medicina da anni, ha visto il reparto trasformarsi. "Ci insultano, ci urlano addosso. E spesso non lo denunciamo nemmeno. È come se fosse diventato normale. Una condizione inevitabile. Ci tocca". La sua non è una voce isolata. Ma è una delle poche che ha deciso di parlare apertamente. Di raccontare cosa succede nei reparti. Di denunciare non solo le aggressioni fisiche, ma soprattutto quelle verbali. Quelle che nessuno vede, ma che restano addosso. Dietro ogni gesto di assistenza, c’è un lavoro immenso. Che parte dalla cura diretta e arriva alla burocrazia, al supporto umano, psicologico. Un carico che si moltiplica, senza che il personale aumenti. "Ci dicono che il numero degli infermieri è quello previsto dalla legge. Ma quei numeri non tengono conto di ciò che succede davvero. Ogni paziente richiede attenzione continua, e spesso l’assistenza di base non basta". E mentre l’ospedale continua a essere un punto di approdo per chi ha bisogno di cure, per chi arriva stremato e arrabbiato, gli operatori sanitari diventano il bersaglio più facile. Il volto visibile di un sistema che non funziona più come dovrebbe. "Noi facciamo il possibile, e anche l’impossibile. Ma non ce la facciamo. Non siamo nel numero adeguato. Eppure ogni giorno siamo lì, presenti, anche quando nessuno ci riconosce il lavoro che facciamo". Il reparto di Medicina, ci racconta Antonia, è come un "vaso di Pandora". Dentro ci finiscono tutte le patologie più complesse, i pazienti più difficili, quelli senza famiglia. "Siamo pochi, e sotto pressione. Il nostro è un lavoro che logora, che richiede energie fisiche, emotive, mentali. E spesso ci sentiamo abbandonati, anche dalle istituzioni". Nel silenzio dei corridoi, tra i bip delle macchine e le voci basse della notte, ci sono mani che accarezzano, che sollevano, che puliscono. Che stringono altre mani. Ci sono infermieri che resistono, che si fanno forza a vicenda, che sopportano anche ciò che non dovrebbero. "Quello che chiediamo è solo una cosa: ascolto. Una maggiore vicinanza da parte dell’azienda, delle strutture, della politica. Non vogliamo medaglie. Vogliamo condizioni di lavoro dignitose. Per noi, e per i pazienti."