LUCA AMODIO
Cronaca

Pecorelli in Cassazione: "Non merito l’estradizione e Nordio può salvarmi"

L’ex arbitro della sezione di Arezzo e imprenditore a Sansepolcro rischia di finire in Albania dove dovrà scontare 4 anni: "Mi appello al ministro".

Pecorelli in Cassazione: "Non merito l’estradizione e Nordio può salvarmi"

Gli ermellini: oggi si riunisce la Corte di Cassazione sul caso Pecorelli

"La Cassazione? Probabile che mi condanni ma ho fiducia nel ministro Nordio: lui può salvarmi".

L’appello al guardasigilli parte dal diretto interessato: Davide Pecorelli. Il Conte di Montecristo dei giorni nostri, imprenditore di San Giustino Umbro, arbitro della sezione di Arezzo fino alla serie C, l’epifania del 2021 fece perdere le sue tracce per nove mesi. Inscenò la sua morte in Albania – “Doveva sembrare un omicidio” – dando fuoco alla sua auto per poi farsi ritrovare al largo dell’isola di Montecristo come naufrago, a settembre. “Cercavo il tesoro”, disse agli inquirenti, con sé aveva una mappa e un piccone. Oggi la Cassazione deciderà il suo destino. Dopo la condanna a quattro anni nel paese delle Aquile, il nullaosta per l’arresto era arrivato anche dal tribunale di Perugia che aveva sentenziato il via libera all’estradizione. Quindi è arrivato il ricorso in Cassazione e oggi la Suprema Corte deciderà il futuro di Pecorelli: cioè se dovrà scontare la sua pena in carcere. In Albania.

Pecorelli, come sta?

“Sono giorni difficili, mi gioco i prossimi quattro anni di vita. Difficile che la Cassazione ribalti la sentenza ma abbiamo una carta da giocare...”

Quale?

“Nordio potrebbe sospendere l’estradizione, è suo potere farlo entro 45 giorni dalla sentenza. Faccio un appello al ministro della Giustizia: è un essere umano anche lui, io ho quattro figli, di cui due minori”.

Perché dovrebbe farlo?

“La pena a cui sono stato condannato non è definitiva ed è sproporzionata. E poi le condizioni delle carceri in Albania sono degradanti. Io voglio pagare solo per quello che ho fatto, non per altre cose”.

Lei si è sempre detto innocente.

“Io mi sono assunto le responsabilità per i reati che ho commesso: per l’incendio delle macchine e la detenzione delle ossa umane che mi dette un sacerdote di Scutari, nel nord dell’Albania, oltre l’attraversamento illegale del confine”.

La condanna è arrivata però anche per la profanazione di una tomba e per truffa.

“Non c’è una prova che attesti che io sia entrato in nessun cimitero. Tanto meno la truffa, nessuno ha sporto querela e il danno è stato ripagato”.

Facciamo un passo indietro, lei è scomparso nel 2021. Che accadde?

“Avevo un’azienda in Albania. L’avevo aperta nel 2020 per rilanciare le sorti delle mie aziende italiane che stavano andando in fallimento. Avevo 50 dipendenti. Le cose però non andavano bene, volevo suicidarmi. Sono andato a confessarmi da un sacerdote a Scutari. Lui mi ha convinto a non farlo, mi ha procurato delle ossa umane per mettere in atto la messa in scena dell’auto incendiata: volevamo inscenare un omicidio”.

L’hanno ritrovata 9 mesi dopo, al largo dell’isola di Montecristo. Che stava facendo?

“Sono stati quattro mesi a Medjugorje in una comunità di preti. Io volevo tornare a casa ma mi hanno fatto una proposta: recuperare un tesoro, le monete dell’Isola di Montecristo seppellite in tre punti diversi”.

Ma questa è una leggenda…

“No, le monete io le ho viste e le ho toccate. Ma non le ho toccate perché sono di proprietà dello Stato. Poi ne riparleremo…”.

Rifarebbe tutto?

“No, oggi sono un’altra persona. Non farei soffrire le persone vicine a me, ho rischiato di perdere tutti gli affetti più cari, ci è voluto tanto per riallacciare i rapporti con mia moglie e i miei figli. Adesso sto diventando un sarto, voglio realizzare un cappotto per raccontarvi tutta la mia storia. E poi mi sono laureato in ingegneria informatica”.