
Petri, lacrime e orgoglio. Meloni: un esempio
di Luca Amodio
"Onoriamo la memoria di Petri, di tutti i servitori dello Stato caduti per combattere il terrorismo e ci stringiamo ancora una volta alle loro famiglie. Oggi rinnoviamo il nostro massimo impegno a difesa della democrazia e delle istituzioni contro chi vorrebbe far ripiombare l’Italia nell’incubo della violenza politica". Così il premier Meloni, ricorda in una nota la barbara uccisione del sovrintendente della polfer, Emanuele Petri.
Sono passati vent’anni da quel 2 marzo del 2003. Quel giorno Petri durante un apparente controllo di routine nel regionale Firenze Roma si accorse di avere tra le mani due documenti falsi. Appartenevano a Mario Galesi e Nadia Desdemona Lioce, capi delle nuove Br. I terroristi si accorsero dei dubbi dei poliziotti e tirarono fuori le armi. Galesi sparò a Petri: partì una sparatoria. Petri perse la vita mentre il treno stava sostando alla stazione di Castiglion Fiorentino. L’agente Fortunato, di turno insieme a Di Fronzo, rimase ferito ma si salvò. Galesi morirà poco dopo, Desdemona Lioce viene arrestata. Il materiale nella sua borsa sarà fondamentale per le indagini: si riuscirà grazie ai documenti a risalire all’identità del gruppo terroristico responsabile degli omicidi dei giuslavoristi Biagi e D’Antona.
"Nei mesi successivi, dei ragazzi meravigliosi, i miei angeli custodi, dettero un senso alla morte di Emanuele con l’arresto dei componenti delle nuove Br", ricorda la moglie Alma a margine della cerimonia a Castiglion Fiorentino. Erano presenti, fra gli altri, il prefetto Maddalena de Luca e il questore Maria Luisa Di Lorenzo.
Una data simbolo, quella di ieri, per la comunità castiglionese, "questa piazza ha visto il sole, la pioggia, il vento ma sempre e comunque lo Stato e le istituzioni presenti", esordisce il sindaco Agnelli. Perché ogni anno, il 2 marzo, autorità, colleghi, studenti, cittadini si raccolgono nella piazza davanti alla stazione, intitolata a Petri, per ricordare il sacrificio di un servitore dello Stato. "Petri era uno di noi, una persona che la domenica, invece di stare con i propri cari esce di casa con la volontà ferma di fare il proprio dovere: è riuscito a fare qualcosa che ha segnato la storia del nostro Paese". Ricorda Lamberto Giannini, capo della polizia, il quarto, che ha reso omaggio al gesto di Petri negli anni. Gli fa eco il sottosegretario agli interni Nicola Molteni "oggi ricordiamo un poliziotto, un uomo comune che ha fatto cose da eroe: uomini come lui rappresentano la storia del nostro paese, hanno sacrificato la vita per difendere quei fondamenti di libertà, legalità e sicurezza alla base di una democrazia".
Alma, con il figlio Angelo che ha seguito le orme del papà indossando la divisa, sono lì ad ascoltare, come ogni anno. Saranno poi loro, la famiglia e l’associazione Petri, a concludere la cerimonia, con un gesto che "unisce due mondi": un defibrillatore per la casa circondariale di Arezzo. Perché dopo la morte di Petri, anche tanti detenuti scrissero alla famiglia manifestando solidarietà e cordoglio per un poliziotto caduto per mano di spietati terroristi.