Fornasari
Piazza Grande, tra le più belle d’Italia, sede della Giostra e della Fiera Antiquaria, e oggi cuore della Città del Natale, è anche tra le più particolari in Europa, per la sua forma trapezoidale e il suo piano inclinato, pensato per il deflusso dell’acqua piovana, ma anche perchè diversamente dalle altre piazze nate come platee Communis medievali, non ospita nè il Palazzo del Comune, nè quello Vescovile, ma il palazzo della Fraternita dei Laici, compagnia laicale nata nel XIII secolo sotto la protezione della Beata Vergine della Misericordia e capace nel tempo di compiere una "politica di espansione" sulla piazza "abbracciandola" con i suoi edifici. Iniziando dal 1200 per arrivare al XX secolo con il restauro e il ripristino, recuperando negli anni Trenta l’aspetto medievale grazie al Podestà Occhini, una storia affascinante ha caratterizzato la piazza.
Circondata oggi dall’abside della Pieve di Santa Maria, dal monumentale palazzo, nel Settecento Libreria Pubblica, della Fraternita, dall’originario trecentesco e quattrocentesco Palazzetto della Fraternita con la vela
campanaria ideata da Vasari con l’orologio astronomico cinquecentesco e dalle imponenti Logge, realizzate su progetto vasariano nel 1573, completate nel pieno Seicento, senza dimenticare la Fonte pubblica, all’imbocco di via Seteria. Nel 1194 ebbe inizio per Arezzo la costruzione della sesta cinta muraria, conclusa nel 1200.
Nello stesso anno fu delineata la platea Communis, sistemando uno spiazzo nell’area della Pieve, i cui primi utilizzi risalgono all’età etrusca: la traccia del selciato di una strada del III secolo a.C. in diagonale attraversava la piazza attuale, congiungendo il punto dove oggi si affaccia piaggia di San Martino e quello della Pieve. Resti romani testimoniano come già allora, in particolare nell’età augustea, la città si stesse espandendo in questa area. Nell’Alto Medioevo era diventata uno spiazzo per il mercato del bestiame, ancora fuori le mura, poste lungo il lato
orientale dell’attuale piazza, rispetto alla quale lo spazio era molto più vasto.
Nell’Alto Medioevo l’area diventò mercato dei maiali e fu detta platea porcorum. Intorno al Mille lo spiazzo, nonostante la città avesse continuato ad espandersi, rimaneva centro di mercato, nei pressi della Pieve, rifatta nel XII secolo. Il momento successivo fu la trasformazione in piazza della comunità cittadina.
Negli Annales Arretinorum si legge: “Muri civitates et carbonarie Arretii constructe sunt et platea Communis”. Nel XIII secolo la piazza era dominata da due palazzi nel lato oggi occupato dalle Logge, che ne hanno cambiato il volto, rendendo emblematico il dominio granducale mediceo e nobilitandolo con una nuova "quinta architettonica" che coprisse come sostenuto da Armando Cherici, le "vergogne ghibelline".
Con i Lorena, non fu quindi casuale nel 1822 la collocazione davanti alle Logge "medicee" del maestoso monumento dedicato a Ferdinando III, opera di Stefano Ricci, oggi in cima a Piaggia del Murello. Uno dei due palazzi duecenteschi era quello del Comune con la torre rossa, nella parte più alta della piazza, in cima all’attuale via di Pellicceria. A sinistra era ubicato il Palazzo del Popolo con la sua torre. Nel 1312 è ancora documentato un ospizio detto Ospedale di Santa Maria de Platea o di Ruperto di Platea. Al centro sorgeva un basamento di pietra con una colonna terminante con una croce detta il Petrone: un albo di affissione del Comune, vi erano riportati esempi di unità di lunghezza ufficiali all’epoca in vigore, il braccio e la canna. In un secondo momento divenne la gogna per i debitori.
La piazza era il "cuore pulsante" della città, centro della vita politica, sociale, economica, mercantile, militare e anche religiosa, essendo il Palazzo Vescovile tra via Pescaia, via Seteria e la parte alta di Borgo Maestro, oggi il Corso, limitrofo alla Pieve. Una chiesa importantissima del centro, il Duomo era ancora al colle di Pionta. Oltre ai mercati, nella piazza si svolgevano tornei e giostre, come il torneo del 9 maggio 1260 per la vestizione a cavaliere del nobile Ildebrando Giratasca.
Il motore della piazza però è sempre stato il mercato, fino a quello novecentesco delle Erbe, con i cardi giganti delle feste natalizie, in aretino detti gobbi, che i venditori disponevano "bianchi e belli come i raggi di una ruota" sul rosso del lastricato, altro elemento antico della piazza, tale era anche nel Quattrocento. La gara per i gobbi più belli e grandi era nell’unico bar, detto il Pontedera. Fino all’Ottocento tutti i mercati si svolgevano in Piazza Grande.
Una tela settecentesca con la Veduta della Piazza (Fraternita dei Laici), attribuibile a Cristofano Donato Conti, celebre scenografo aretino, spesso impegnato anche per il Teatro di Fraternita sotto le Logge, ne descrive la vita, tra venditori di frutta, polli, paglia e legna da ardere. Nel 1792 si proibì il mercato sotto le Logge e si regolamentò anche quello della piazza.