
di Alberto Pierini
"Piero nel patrimonio mondiale dell’umanità? Ne fa già parte integrante. Diciamoci la verità: a guadagnarci sarebbe soprattutto l’Unesco". Tomaso Montanari, critico di fama nazionale e saggista, entra nel dibattito sul riconoscimento agli affreschi di San Francesco tagliente come una lama. "Stiamo parlando di un gigante assoluto: e al quale un’altra medaglietta non aggiungerebbe forse nulla". Pausa. "A differenza degli effetti sulla classificazione dell’Unesco, che ne uscirebbe davvero rilanciata".
Lo studioso, che coniuga da sempre la conoscenza dell’arte a giudizi ficcanti, non si perde nella retorica che non ha mai amato, e preferisce l’effetto sorpresa. Ma al tempo stesso tradisce l’apprezzamento senza fine verso la Leggenda.
"Quando entri in una cappella affrescata come quella ne ricavi un senso di smarrimento" aveva raccontato pochi mesi fa, proprio descrivendo l’impatto con le pareti di San Francesco. Che naturalmente conosce benissimo. Uno smarrimento che in questo caso è addirittura superiore: perché non si ferma alla qualità degli affreschi ma al metodo narrativo. "Piero non racconta una storia dall’alto verso il basso o da sinistra verso destra, come tutti: no, procede per assonanze visive".
Una ricostruzione che non ripete al telefono ma è lì, sotto traccia, una delle variabili che fanno grande il capolavoro. Fino al patrimonio dell’Unesco? "Non vedo proprio cosa ci sarebbe da eccepire: è uno dei capolavori massimi dell’umanità, che l’Unesco lo consideri oppure no". E impari sarebbe secondo lui anche il rapporto con gli ultimi ingressi nella graduatoria Unesco. "Con tutto il rispetto, ci mancherebbe, ma siamo di sicuro ad un livello superiore rispetto ai Portici di Bologna. Per non dire delle Terme di Montecatini".
Ma proprio il caso Montecatini gli consente di spiegare il rapporto fluido con queste classifiche. "Nel loro caso ci sta che l’ingresso nel patrimonio dell’umanità possa dare una spinta ulteriore a scoprirle. Ma non credo che questo possa accadere per gli affreschi di Piero". La grandezza incrina qualsiasi effetto sorpresa?
"Tutta l’Italia è patrimonio dell’umanità: e se tra duemila anni ci fossero davvero dentro tutte le bellezze che possediamo, cambierebbe qualcosa?". Essere dentro o fuori una differenza magari la fa. "Sono sincero: sono sempre stato dubbioso su quanto l’inserimento nelle bellezze universali potesse influire sulla promozione. Secondo me nel caso di Piero poco: tutti sanno di essere di fronte ad un capolavoro, non sarebbe un’altra medaglietta a spostare le cose".
E ribadisce così il concetto dal quale era partito. "Lo ripeto: a guadagnarci sarebbe solo l’Unesco, non tanto gli affreschi". E ne approfitta per rivedere tutti gli equilibri. "Credo che dovremmo liberarci di certi complessi di inferiorità che a volte ci frenano". Magari da un osservatorio nazionale non è detto abbia chiaro il ritardo che gli affreschi hanno accumulato nel tempo, negli anni nei quali Arezzo ha evitato di scommetterci come avrebbe potuto e dovuto fare. Arezzo che malgrado buoni passi avanti rimane sul piano turistico uno dei fanalini di coda in Toscana.
Mentre di sicuro Montanari ha perfettamente presente il fascino dell’affresco. "Non racconta una storia in prosa – spiegava in una delle sue ultime visite del capolavoro – ma scrive un inno sacro , sorta di poesia visiva dedicata alla croce". Un po’ come se la pittura prima di una storia raccontasse la pittura stessa. "Ricrea su un muro attraverso una sintesi di colori il caleidoscopio del mondo reale in cui siamo immersi ogni giorno della nostra vita" scriveva. Sorta di patrimonio eterno dell’umanità, anche oltre i binari dell’Unesco. Che facciamo, aspettiamo sia lei ad invitarci?