REDAZIONE AREZZO

Pieve, l’ultima pagina del diario. Una "parete" per chi non c’è più. L’omaggio nei giorni dei cimiteri

Una piccola donazione e chi vuole può raccontare il babbo o il figlio perduto dei quali resterà traccia. L’idea si unisce ai diecimila manoscritti accessibili nel museo. Tra i primi ci sono i vincitori del concorso.

Pieve, l’ultima pagina del diario. Una "parete" per chi non c’è più. L’omaggio nei giorni dei cimiteri

Le pareti «parlanti» del Museo dei diari a Pieve Stanto Stefano

"Mi trovo a camminare con i piedi piantati su una terra che tu non puoi più calpestare. Passano gli anni ma il dolore è sempre lì e ogni tanto apre una voragine dove vorrei sprofondare con la nostalgia di te". Cresce la parete dei ricordi. Non siamo al cimitero, dove pure in queste ore il cuore della memoria batte forte. Siamo a Pieve, nel paese dei diari. Ce ne sono diecimila che parlano o si materializzano nel museo più creativo del mondo: spingi un pulsante e la voce di chi ha scritto si materializza davvero. Ma il mondo di Pieve non si accontenta e va oltre. Oltre i soliti musei. Come? Con la "pagina delle care persone"". Scritto minuscolo, nel rispetto geloso di una dimensione che parte piccola ma è grandissima. Vuoi lasciare per sempre un segno indelebile di chi non c’è più? Un clic ed è fatta. In cambio di una donazione, che può essere anche piccola come le piccole cose delle quali Pieve si nutre. Il nome di chi sceglie questo gesto, il nome di chi senza saperlo lo riceve, la frase che lo racconta. La frase o la pagina. Perchè c’è anche chi non si ferma alle due o tre righe cariche di commozione: c’è chi va oltre, chi affida alla sua penna e al sito dei diari una memoria molto più completa. Le lacrime hanno una forza di comunicazione che non invidia nulla ad un libro però Pieve prova a disegnare uno spazio ad hoc per chi vorrebbe restituire al babbo o al figlio le loro identità profonde. "A colei che avrebbe voluto divenire scrittrice e non le fu possibile. Ricordo quando mi raccontasti felice, tu che non avevi potuto studiare, i complimenti ricevuti dalla tua professoressa di italiano per il tema delle 150 ore. Stringevi quel quadernone al petto con grande orgoglio, ti sentivi libera". I volti come nel museo del diario riemergono ma con la forza del presente più che con quella del passato. E tra coloro che hanno aperto questa parete virtuale c’è in prima fila il mondo di Pieve: gli organizzatori, i vincitori del premio.

Un’idea lanciata nei giorni dell’omaggio a chi non c’è più: anzi c’è, per chi ha fede e per chi non crede nella memoria. Un altro passo, di una realtà che ormai ha radici profonde. E la sua forza si allarga alle dimensioni più della vita che della morte. "Chi lo desidera può condividere il ricordo di una persona cara, affinché la sua traccia possa rimanere conservata per sempre". E sempre dalle parti di Pieve ha il significato vero, perchè ci sono protagonisti che in quei monti hanno ritrovato un volto, pagine di diario diventate vita. "In memoria del mi’ babbo, giovane contadino che dal Casentino si è trasferito a Firenze e che avrebbe voluto scriverne, ma poi il signor Alzhaimer si è portato via la sua memoria". Il dialetto, i piccoli refusi, il linguaggio parlato: gli ingredienti del premio sono anche quelli della nuova operazione che cammina con la memoria. Per una volta, almeno per una volta alleate con il cuore.

Lucia Bigozzi