LUCIA BIGOZZI
Cronaca

Positiva, per isolarsi si chiude nel camper tre settimane: "La mia prigione"

Era quello l’unico posto per stare lontana dai familiari. «Ci andiamo in vacanza, è diventato una gabbia». Anche il compagno contagiato. E una figlia asintomatica

Elisa Bigliazzi

Arezzo, 18 febbraio 2021 - Tre settimane in camper, sola a combattere con il Covid. Le storie di chi fa i conti con il virus non sono mai uguali. Il bollettino medico declina sintomi ricorrenti ma è come si vive l’esperienza che cambia la prospettiva. A Foiano Elisa Bigliazzi (nella foto sul camper) ha subìto un lungo isolamento in una condizione innaturale alla quale si è dovuta adattare. Ci sono voluti quasi un mese e tre tamponi per poter riaprire la porta del camper diventato il suo «rifugio» ma anche la sua «prigione».

Lontana dalla famiglia, le due figlie, il compagno e le rispettive figlie; lontana dal salone di bellezza che ha costruito e guida da vent’anni insieme al mestiere di estetista che ha scelto «per passione autentica e per l’opportunità di stare tra la gente, condividere momenti con persone di tutte le età, dalla ragazza alla signora novantenne».

Elisa entra nel tunnel del Covid a metà gennaio quando tornando a casa dal lavoro accusa mal di testa e bruciore agli occhi; poi arriva la febbre. Sceglie di isolarsi in camera da letto per proteggere i familiari e al mattino decide che l’unico modo per non rischiare di contagiare gli altri, era trovare un luogo dove restare fino al momento del tampone che, due giorni dopo trasforma il dubbio in realtà con la parola temuta: «positivo».

«Ho pensato subito al nostro camper delle vacanze, ma non è stata affatto una vacanza nonostante non abbia avuto sintomi gravi», spiega tra una telefonata e l’altra di clienti che fissano appuntamenti e sedute rigeneranti. Quel camper è diventato il suo piccolo mondo per quasi un mese; l’unico collegamento con l’esterno era il telefono cellulare e il volto dei genitori dall’esterno dei finestrini quando era il momento di ricevere pranzo e cena.

«Li vedevo da dentro il camper, mi lasciavano il contenitore con il cibo; pochi istanti e un sorriso per incoraggiare. E’ stato difficile sapere di non poter uscire da lì e osservare la vita nel suo quotidiano scorrere». E’ stato come muoversi in una bolla, in un clima surreale.

«Servono nervi saldi e un approccio che metta al centro la resistenza, la voglia di farcela e non la paura», anche se Elisa ha avuto momenti di paura «perché non riuscivo a negativizzarmi, avevo fatto il secondo tampone risultato ancora positivo e il tempo passava. La terza settimana è stata allucinante: la fatica dell’isolamento, la mancanza del contatto, l’incertezza di quanto tempo ancora dovrà passare prima di negativizzarmi: uno stress pesante. Pensavo al negozio, volevo tornare a casa dalla mia famiglia e sono riuscita a resistere proprio grazie alle telefonate delle persone che mi sono state vicino».

Nel frattempo anche il compagno, Roberto, si è beccato il Covid «con sintomi più pesanti, come febbre, stanchezza, spossatezza, dolori; fortunatamente solo una delle mie figlie è risultata positiva ma asintomatica e con carica virale bassa», racconta Elisa che ha dovuto gestire a distanza anche questa preoccupazione.

Per lui il percorso nella malattia è stato più breve e adesso è nella fase del recupero fisico. In famiglia Elisa è stata la prima a entrare nel cono d’ombra del virus e l’ultima a uscirne: «Quando è arrivata la chiamata della Asl con l’esito negativo del terzo tampone, ho fatto un salto pazzesco, ho aperto la porta del camper e sono corsa fuori a respirare il profumo della libertà»