
di Silvia Bardi
Un pezzo di storia italiana lunga quasi due secoli quella raccontata dagli otto diari finalisti del Premio Pieve 2021, cerimonia che si terrà a Pieve Santo Stefano dal 16 al 19 settembre. Una edizione particolare che sarà strettamente legata alla memoria del suo fondatore Saverio Tutino sin dal primo giorno, il 16 settembre, quando è previsto l’incontro con l’antropologo Pietro Clemente, fondatore della rivista Ossimori, e che fa parte della giuria del premio. Una edizione, questa numero 37, che mette in calendario venti appuntamenti e le otto vite finaliste scelte dalla commissione di lettura, storie che cavalcano due secoli.
C’è Gervasio Innocenti, oggi sessantanovenne, che nel diario "A casa del nonno" scritto dal 2015 al 2020 ripercorre le lunghe giornate trascorse accanto al padre anziano. Ma il salto nel tempo si fa più repentino con le lettere di Federico Dalgas che inizia nel 1848, un epistolario "Contro il popolo re" che diventa l’affresco di un’Italia non ancora unita e attraversata da passioni patriottiche.
C’è il critico d’arte e museologo Federico Hermain de Reichenfeld che in " Una vita per l’arte, 1880-1950" racconta come sia stato costretto a lasciare i suoi incarichi nonostante durante la guerra abbia cercato di salvare il patrimonio artistico dai saccheggi. Tanti personaggi storici hanno invece attraversato "Le vite di Ines Ghiron 1917-1974", donna che ha vissuto decine di scenari nei quali sono filati personaggi come Primo Levi, Rita Levi Montalcini, Ugo La Malfa, Vittorio Foa. Torna l’arte e la paura che la guerra distrugga tutto nel diario di Tealdo Tealdi in "La passione di Firenze, 1944-1945", lui, impiegato della Soprintendenza, che guarda con apprensione al destino del patrimonio artistico fiorentino quando la liberazione della città è imminente. Quel confine tra amici e nemici, bene e male, attraversa anche lo scritto di Furio Aceto "Comandante Aceto, 1943-1985), ufficiale dell’esercito regio, nel passaggio alla lotta partigiana. Il cambiamento è ormai in atto e lo si legge nelle lettere di Rina Ferri e Brunero Zaghi, due giovani innamorati separati dalla guerra che, adulti e profondamente cambiati, ritrovano il loro rapporto scrivendosi dal 1951 al 1954, lettere trascritte ne "Il pane che è tuo".
E si arriva al 1975 quando Rodolfo Santovetti finisce la sua autobiografia iniziata nel 1931, "Più della guerra il collegio", in cui la grande storia irrompe nella sua vita, dalla caduta del fascismo alle avventure imprenditoriali nei mondi nuovi dell’industria cinematografica e della finanza. E ci sono i diari diventati libri. La guerra, tema portante del Premio, è anche quella vista e raccontata con gli occhi dei bambini. Patrizia Gabrielli, storica e docente universitaria, ha tratto dalle novemila vite racchiuse nell’Archivio di Pieve le pagine scritte da chi all’epoca era un bambino o una bambina, pagine raccolte nel libro "Se verrà la guerra chi ci salverà? (il Mulino, 2021).
Un altro diario diventato libro, anche questo con il punto di vista di un bambino, è "Nonostante la paura" di Jean Paul Habimana, che ha vissuto il genocidio in Ruanda e lo ha raccontato nel diario finalista l’anno scorso. Ne parleranno Marcello Flores e Alessandro Triulzi. E’ un altro tipo di guerra, quello che rivendica la diversità del proprio corpo, il diario-libro di Tania Ferrucci che da ragazzo diventerà donna non senza conseguenze dolorose, raccontate nella sua memoria "Nei miei okki", che ha vinto il Premio Pieve 2020 e che verrà presentato da Guido Barbieri e dalla giornalista Monica D’Onofrio. E fra le pubblicazioni anche il quarto volume del concorso "Dimmi diari multimediali migranti" che raccoglie le testimonianze dei quattordici vincitori della scorsa edizione. Perché ogni giorno, anche oggi, scriviamo la storia.