REDAZIONE AREZZO

"Preso a pugni nell’indifferenza". Colpito al viso da una passeggera e tutti scendono senza preoccuparsi

La storia di Giuseppe al volante di Autolinee, aggredito da una ragazza: voleva aprire i finestrini per fumare. Le urla, le botte, l’intervento al setto nasale. "Dopo un mese a farmi ancora male è il silenzio di tutti".

Sono numerosi i casi di aggressioni verbali e fisiche agli autisti dei bus di linea Un fenomeno in aumento

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I segni sul viso li porta ancora. Passeranno col tempo. Ma quello che non passa è il segno che scava dentro. E va oltre la ferita fisica. "Mi ha fatto più male l’indifferenza dei passeggeri che il pugno ricevuto in piena faccia e che mi ha provocato la frattura del naso". Giuseppe, 50 anni, non lo dimentica nonostante sia passato più di un mese dal giorno dell’aggressione mentre era alla guida dell’autobus. Lui si è ritrovato nel mirino di una ragazza senza scrupoli che "pretendeva di aprire i finestrini del pullman per fumare".

E quando le ha ricordato che è vietato, lei "ha cominciato a urlare, offendere, agitarsi". Fino al blitz e alle botte. Giuseppe, da due anni nel team di autisti di Autolinee Toscane, è tornato alla guida dei bus alla fine di novembre dopo una convalescenza durata quasi venti giorni, da quel 10 novembre che non dimenticherà. La corsa in ospedale, un piccolo intervento chirurgico per riallineare il setto nasale e ricomporre la frattura: passaggi che non si cancellano anche se lui guarda avanti.

Quel giorno, è una domenica, accade tutto tra le 19 e le 20 lungo il percorso da Bettolle ad Arezzo. È la linea che attraversa la Valdichiana con soste a Foiano, Cesa, Montagnano, Alberoro, fino alla stazione dei bus di Arezzo. Ci sono passeggeri che salgono e scendono a ogni fermata.

"Alle porte della città in zona San Lazzaro, alla fermata, noto dallo specchietto una ragazza che indossa un giubbotto rosso e che si sposta in continuazione da un sedile all’altro. Ho pensato: starà cercando una postazione più comoda". Alla fermata successiva "la vedo tra i sedili della parte posteriore del bus intenta ad aprire i finestrini e con in mano un oggetto bianco molto simile a una sigaretta. Le chiedo cosa stesse facendo, ricordo che a bordo dei bus non si può fumare e lei comincia a offendere mostrandosi aggressiva. Poi corre lungo il corridoio per raggiungermi ma viene bloccata da tre persone che erano con lei. Riescono a calmarla ma dura poco".

Giuseppe riprende il viaggio ma tra via Chiarini e via Dante, la ragazza riesce a liberarsi dalla presa degli amici e lo raggiunge come una furia. "Mi sono sentito arrivare una persona da dietro che mi urlava in faccia. Le ho risposto nel tentativo di placarla: se ha qualcosa da dirmi finiamo la corsa tra dieci minuti e possiamo parlare ma adesso devo concludere il mio lavoro". Tentativo andato a vuoto perché riceve un pugno dritto in faccia. Nel frattempo la giovane e gli amici riescono ad aprire le porte del pullman e a precipitarsi fuori, dileguandosi in pochi istanti. La scena accade davanti ai passeggeri. "A ogni fermata scendevano incuranti di quello che stava succedendo a bordo". E accade così anche nell’attimo dell’aggressione. "Nei primi istanti dopo il colpo ricevuto ero un po' stordito ma ho messo in sicurezza il pullman e mi sono fermato. Sentivo il sangue che scivolava sulla faccia, ho chiamato il 112 e si è subito attivata la macchina dei soccorsi. Ma la cosa che mi ha fatto più male è vedere il pullman completamente vuoto. Nessuno che si sia fermato per chiedere se avevo bisogno di aiuto. Eppure la nostra prima cura di autisti è proprio verso i viaggiatori; nel senso che anche in casi come questi, l’obiettivo è calmare la persona in stato di alterazione per proteggere i passeggeri e terminare la corsa senza problemi". Una cura che su quel pullman nessuno ha avuto nei suoi confronti.

Lucia Bigozzi