
Un supermercato (archivio)
Arezzo, 27 gennaio 2019 - Non solo ci stracciano nel numero dei turisti e spesso (non sempre...) ci battono nello sport: no, ora spendono anche meno. A Siena in un anno i rincari dei prezzi sono stati di 268 euro: qui ad Arezzo addirittura di 403 euro. Un balzo in avanti misurato sulla famiglia tipo e che di colpo ci consegna all’olimpo, non comodissimo, delle città più care d’Italia.
Non tanto in termini assoluti quanto proprio come aumento del costo della vita. Siamo addirittura ottavi in assoluto: e dobbiamo ringraziare Pistoia se non siamo anche i più «sfigati» della Toscana, perché i cugini ci battono sul fronte delle spese. E’ la sintesi dell’indagine condotta dall’Unione Nazionale Consumatori su dati Istat e che fotografa proprio i livelli di inflazione.
Non siamo in termini percentuali su un ascensore di 30 piani: il dato dell’inflazione media è dell’1,5%. Però il dato resta tutto. E ti coglie perfino a sorpresa. Perché da anni si parla di prezzi ingessati, che poi sono un po’ anche la fotografia della crisi e del calo della domanda. E in effetti nella parte alta della classifica ci sono le stesse città che svettano anche nelle graduatorie del benessere: come Bolzano, prima qui e là, come i capisaldi dell’Emilia più ricca, come certi centri della Lombardia trainante, tipo Lodi o Lecco.
E in fondo ci sono Potenza, Cosenza, le isole. Ma certo resta il fatto che qui i prezzi schizzano su più che nel resto d’Italia. La media di aumento è stata di 285 euro, l’inflazione si è attestata all’1,2.
«Sono comunque rincari – commenta Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Consumatori – che hanno peggiorato pesantemente la condizione delle famiglie». Da buon paladino dei consumatori non potrebbe dire altrimenti: ma il dato si appoggia anche ad un’altra certezza, gli stipendi non sono cresciuti nello stesso modo, anzi generalmente non sono cresciuti affatto. E quindi alla fine i conti non tornano.
Cosa sposta la bilancia? Gli autori dell’inchiesta puntano il dito in particolare sui prezzi dei prodotti alimentari. Sonio le cosiddette spese rigide, quelle delle quali non puoi fare a meno. L’altra voce che qui pesa più di altrove è quella dei trasporti, dall’auto ai treni e dintorni. E poi c’è l’altro fronte della tavola, quello dei ristoranti e dei suoi conti.
Elementi che tornano con i controlli fatti passo passo in Comune dalla commissione che misura i prezzi reali in città. Tra le voci che da gennaio a dicembre sono aumentate di più ci sono il vino, le calzature , i carburanti, gli alcolici in generale. E nel piatto soprattutto la carne e il pesce. Mentre sono andati calando i prezzi della frutta da una parte e della telefonia e dell’elettronica dall’altra. In classifica ci sono 73 comuni: e gli altri? Non hanno mandato i dati. Occhio non vede, tasca non duole.