Arezzo, 15 ottobre 2023 – Lo sguardo basso del padre, mentre avanza nell’aula dell’Assise. Passi lenti, tra gli agenti della Penitenziaria. Lo sguardo dritto del figlio: osserva ogni movimento, lo rivede dopo otto mesi dalla notte dell’orrore. Quando lui, a 16 anni, lo ha già visto uccidere a coltellate madre e nonna. C’è un attimo in questa sequenza lenta, ma tremenda per ciò che può scatenare dentro, in cui Jawad Hicham, 38 anni, alza gli occhi e pare indirizzarli verso il volto del ragazzo, "stretto" nel cordone di protezione dei familiari: il nonno, le zie. "Le ha uccise lui, vorrei che lo condannassero all’ergastolo", dirà poi fuori dalla "Vela" la zia di Sara. Ma dentro l’aula, gli sguardi tra padre e figlio sono istanti impercettibili. Jawad si siede, incrocia le braccia, resta immobile, senza alcuna espressione.
La prima udienza del processo per l’omicidio di Sara Ruschi, 35 anni e della madre Brunetta Ridolfi, di 76, si apre di buon mattino. Serve a incardinare il processo. Il "duello" tra accusa e difesa, tra il pm Marco Dioni e l’avvocato del trentottenne magrebino, Maria Fiorella Bennati, si gioca in punta di diritto nella triangolazione con Alessandra Pandurri, che assiste i familiari delle due vittime di femminicidio. È lei a chiedere la costituzione diparte civile dei figli di Sara e Jawad per il tramite del nonno, Enzo Ruschi, nominato tutore.
La difesa dell’imputato prova a innestare nel dibattimento la possibilità di un rito alternativo: è il rito abbreviato che prevede uno sconto di pena. Una mossa, poi bocciata dalla Corte, per chiudere il processo a tempo di record ed evitare l’ergastolo a Hicham. Lui rischia la massima pena per il duplice delitto, anche se non è stata riconosciuta la premeditazione. L’accusa: duplice omicidio aggravato dalla convivenza stabile. L’altra carta che la difesa del magrebino cala subito sul tavolo dei giudici togati e popolari guidati dalla presidente Anna Maria Lo Prete, è la perizia psichiatrica.
L’avvocato Bennati cita la cartella clinica e l’elenco dei farmaci somministrati al suo assistito prima nel carcere di Arezzo, poi in quello di Prato. "Si tratta di farmaci antimaniacali e antipsicotici per contrastare comportamenti deliranti. E la somministrazione costante denota il sospetto sulla sua piena capacità di intendere e volere". È l’annuncio, l’anticipazione di una richiesta che sarà formalizzata nella seconda udienza del processo. L’avvocato Pandurri si oppone, i giudici decideranno dopo aver sentito i testi. È la mossa per tentare di sottrarre Hicham al carcere a vita. La Corte boccia la richiesta dell’associazione "Senza veli sulla lingua" di costituirsi parte civile, mentre dice sì all’ingresso nel processo dei familiari delle vittime. Il figlio di Sara osserva tutto, parla con i parenti, orienta lo sguardo tra l’aula e il telefonino. È un ragazzo forte, così lo descrive chi lo conosce, ma il peso che porta è micidiale. Durante l’udienza accusa e difesa trovano un punto di incontro sui testi da sottoporre all’esame della Corte. Gli atti dell’inchiesta coordinata dal pm Dioni e condotta dalla Squadra mobile, vengono acquisiti e nell’elenco dei testi rimangono solo quattro persone: tra queste il medico legale Mario Gabrielli e il comandante del carcere di Arezzo Sandra Milani.
L’udienza viene aggiornata al 18 novembre. Enzo Ruschi e il nipote sono uno accanto all’altro, immobili. Hanno attraversato la tempesta e provano a restare in piedi.