
Piero Mancini
Arezzo, 6 marzo 2022 - Qualcuno potrebbe considerlarlo un contrappasso dantesco o l’effetto di un proverbio famoso: chi di calcio ferisce di calcio rischia di perire. Per i tifosi amaranto, peraltro, non sarebbe un peccato: son pur sempre 13 milioni che sono entrati nelle casse dell’Arezzo e sono serviti a mantenerlo fra serie B e serie C, sempre più in alto di come sia ridotto adesso i Cavallino.
Quei soldi, però, sono adesso la buccia di banana sulla quale rischia di scivolare Piero Mancini, l’ex presidentissimo che oggi affronta la requisitoria del Pm Marco Dioni nel processo che lo vede imputato di bancarotta fraudolenta. Che la procura chieda la condanna (e non certo una pena leggera, come è inevitabile per un reato così) è pressochè scontato.
Che uno degli assi nell manica dell’accusa siano invece proprio i 13 milioni finiti all’Arezzo è assai meno noto. Nelle scorse settimane, infatti, è stata finalmente depositata la superperizia tecnica alla quale il tribunale ha legato almeno in parte l’esito finale e lì appunto è emersa la grana dei finanziamenti agli amaranto. Se infatti per molti dei capi di imputazione la perizia non si sbilancia in giudizi definitivi, sui soldi all’Arezzo il pronunciamento è pesante.
In sostanza, i 13 milioni girati ad Arezzo Immagine, società del gruppo che era la vera cassaforte dell’Arezzo Calcio, erano compresi fra i 28 che la Ciet impianti, principale azienda industriale del patron, girò a Mancini Group, la holding finanziaria, e che poi vennero in parte trasferiti nelle attività pallonare. Ma Arezzo Immagine, all’epoca, deteneva solo il 10 per cento delle quote azionarie amaranto, con il resto intestato personalmente al presidentissimo.
E allora perchè pagò somme così elevate? Piero Mancini deve rispondere anche di un milione e spiccioli che avrebbe prelevato dalle casse per sue esigenze personali. A ottobre una sentenza del giudice Stefano Nisticò ha assolto l’ex presidente dall’accusa di evasione fiscale per questa cifra, che non sarebbe finita quindi nelle sue tasche.
E tuttavia, anche sulla base di un file excel con una sorta di contabilità non ufficiale, nemmeno quel verdetto esclude che la somma sia rimasta nella disponibilità (non nel reddito) di Mancini per altre esigenze aziendali. C’è infine il grosso delle accuse di bancarotta, che vedecinvolti anche la figlia di Mancini Jessica, il nipote Giovanni Cappietti e altri dirigenti.
Distrazioni che sarebbero servite a sanare la contabilità infragruppo: 30 milioni dalla Ciet, 15 dal Mancini Group, 13 dalla Mancini Real Estate, 3 dalla Cometi. Una sessantina di milioni in tutto per un maxi-crac. Cra tocca al Pm Dioni presentare il conto.