REDAZIONE AREZZO

"Mi prostituisco per aiutare mio marito, è malato". "Io, rapinata per pochi spiccioli". Storie di lucciole: chi sono, come vivono

Le strade della prostituzione. Fame, malattie, lavoro che non c’è

Prostitute per strada prostituzione

Arezzo, 13 aprile 2015 - «Da quanto fai la vita? Non vorresti un altro mestiere?». Storie di lucciole. Le vogliamo raccontare. Perchè se lo Scopetone, San Zeno, San Giuliano sono luoghi conosciuti, luoghi della prostituzione, battuti spesso dalle pattuglie. Lo sono meno le storie di chi su quelle strade passa una giornata o una notte.  Di chi si apparta in un angolo, con pantaloncini attillati e magliettine e tacchi vertiginosi per farsi vedere. La maggior parte sono giovani, giovanissime, per le quali prostituirsi è naturale. «CHE C’È DI MALE? E’ un lavoro come un altro»,- ci dicono in molte. Tra di loro c’è anche una 44enne. «Al mese ormai si riesce a metter su ben poco, sui 2500 euro», racconta la donna di stanza ormai da cinque anni sotto il ponte che porta all’Esselunga. E’ romena, ma il suo accento tradisce i molti anni vissuti in Spagna, «insieme al marito», ci racconta. Per lui è arrivata fin qui. L’uomo doveva subire un trapianto, «e speravamo di poter ricominciare in tutta serenità. Ma a mio marito non è stata riconosciuta la pensione di invalidità. Io non ho più trovato lavoro e ho ripiegato nell’unica soluzione possibile: prostituirmi». «Niente foto, vi prego, ho due figli in Ungheria che non sanno cosa faccio per vivere». Capelli rossi, ben curata, jeans e maglioncino. Lei ha scelto di lavorare la mattina, come fanno in molte a seconda delle zone, divise per nazionalità. Già, la divisione del territorio. Tu dipendi da qualcuno? «Mi si è avvicinato un uomo, ma l’ho mandato a quel paese, come ho rimandato al mittente le romene che pretendevano questo spicchio di terra, erano disposte a pagarmi. Ma non ho ceduto». ​Terra di nigeriane, che per prostituirsi non aspettano il calare del sole e i fari che illuminano i lustrini dei succinti vestiti: è lo Scopetone. Qui spuntano ragazze ad ogni angolo. Giovani, giovanissime, vestite con guepiere e poco altro. «Ho 28 anni, da 5 sono in Italia. Ma lasciate lo spiazzo libero, ho da lavorare». POCHIMETRI e le ragazze compaiono come funghi tra la vegetazione, qualcuna azzarda richiami e saluti alle auto che passano. «Ho 27 anni sono del Ghana», dice una ragazza. «Dipendiamo da un tutore, che ci accompagna la mattina». I soldi? «Tremila circa. Non amo Arezzo, ma si lavora bene. I clienti sono gentili, vanno dai 18 agli 80 anni». Non è andata per tutte così. «Io sono stata derubata da un cliente di borsello e telefono», ricorda Ylenia, anche lei del Ghana. La giornata lavorativa per qualcuna finisce. Inizia il turno di notte. Le lucciole si «accendono». Ga.P.