Arezzo, 18 novembre 2024 – C’era una volta la qualità della vita? No, c’è ancora e mantiene comunque la provincia in una fasci quantomeno accettabile. Però qualcosa si è rotto, se non altro nei rapporti tra Arezzo e le grandi classifiche sul benessere.
Primo test è quella di Italia Oggi: abbiamo perso altre dieci posizioni. Eravamo scivolati al posto numero 49 un anno fa, ora siamo al 59°.
Non solo: è un salto indietro che ci porta nella zona retrocessione della Toscana. Non più quinti nella regione ma noni, davanti solo a Massa Carrara e a Grosseto, tradizionalmente ben lontane da noi. Uno scivolone che se non altro ci accomuna ai cugini di Siena, che hanno perso in un anno ben 18 posizioni, anche se restano saldamente davanti a noi.
Ma soprattutto una calata a picco tra le più precipitose in Italia: solo altre sette province sono retrocesse di più nell’arco di dodici mesi, tra cui nobili culle del benessere, come Aosta, la stessa Siena, Mantova o Belluno.
Analizzando i vari parametri della classifica almeno un punto fermo resta: quello degli affari e del lavoro. Siano 24° in Italia, migliorando il punteggio di un anno fa e con parametri promettenti su settori nevralgici. Ad esempio sul tasso di disoccupazione, tra i migliori in Italia.
La stangata più pesante è sul fronte della salute: sedici posizioni perse in pochi mesi, siamo oltre l’ottantesimo posto. È il valore che in genere misura ad esempio il numero dei posti letto nei reparti di specialistica o le apparecchiature diagnostiche ogni 100 mila abitanti.
Il sistema sanità cigola? Non è il primo studio a segnalarlo, anche se poi si scopre che il San Donato resta uno degli ospedali di punta in Italia perfino nelle classifiche internazionali. Un dato che andrà analizzato quando saranno resi noti i valori dei principali parametri.
Su tutto il resto del quadro viaggiamo a centro classifica, con miglioramenti sul fronte dei reati e della sicurezza e su quello ambientale. Intorno al cinquantesimo posto sull’ambiente, sulla popolazione (l’eterno dato dei pochi figli per famiglia) e soprattutto sul turismo.
Dopo la salute è il dato più critico: musei, biblioteche, eventi culturali, strutture ricettive. Non perdiamo posizioni, manteniamo quella del 2023, ma è certo poco rispetto all’escalation confermata in queste ore ad esempio dalla Città del Natale.
Poco sopra il grado di istruzione, la sicurezza sociale e i redditi. Le classifiche di fine anno non sono certo un Vangelo ma restano degli incentivi o dei campanelli d’allarme. Specie quando il trend resti sfavorevole: 49° un anno fa, 38° quello prima, 33° il precedente.
Lontani dai tempi d’oro, nel 2003 eravamo sul podio assoluto di quella classifica, lì dove ora si arrampicano Milano, Bolzano e Monza, ma pur sempre in una fascia di eccellenza. Tuttavia ogni pagella ha il suo risvolto o la sua rivincita: di qui alla metà di dicembre arriverà il responso della classifica più prestigiosa, quella del Sole 24 Ore. E a quel punto scopriremo se dare la colpa a dei parametri sbagliati o a noi stessi. Magari provando a capire come risalire.
Lucia Bigozzi