
Quando i vestiti si ricucivano e non si buttavano via Il racconto di una sarta su un mondo quasi perduto
Abbiamo intervistato Maria Lippi, per anni sarta
Quali erano le fasi di lavoro per confezionare un vestito?
"Ci sono molti procedimenti, per prima cosa si mette la stoffa su un piano poi i modelli sulla stoffa. Successivamente si prendono le misure e si segnano i lati sulla stoffa con il gessetto, poi si taglia e si fanno i punti molli, si fa provare il vestito e si fanno le dovute correzioni poi si stirano le cuciture e si fanno gli orli".
Che abiti erano richiesti?
"Di tutti i tipi: gonne, cappotti, camicette, vestiti per bambini, abiti da sposa e comunione".
Perchéi questo mestiere non attira più i giovani?
"I giovani non hanno più pazienza e questo mestiere ne richiede molta sia con il cliente che nel creare l’abito".
Quali i “ferri del mestiere”?
"L’ago, il ditale, che serviva a non bucarsi le dita quando si cuciva, le forbici, il gessetto e la macchina da cucire".
Invidiava chi faceva un lavoro d’ufficio?
No, perché facevo il mestiere che mi piaceva e non avevo orari: se volevo andare da qualche parte non dovevo chiedere il permesso ma poi dovevo lavorare finché l’abito non era pronto.
Perché rattoppare i vestiti?
"Ha un significato di risparmio e permette di non buttare un abito quando si può ricucire".