LUCA BERTI
Cronaca

Quel giorno che Martino Gianni stregò Pertini. La Giostra del Presidente in una città in festa

Quarant’anni fa l’edizione straordinaria rimasta storica: l’uomo del Quirinale qui dalle 11, un corteo ridotto, la sorpresa in piazza

Quel giorno che Martino Gianni stregò Pertini. La Giostra del Presidente in una città in festa

Quarant’anni fa l’edizione straordinaria rimasta storica: l’uomo del Quirinale qui dalle 11, un corteo ridotto, la sorpresa in piazza

Fu una giornata particolarmente intensa quella del 29 settembre 1984, esattamente 40 anni fa, sia per Arezzo che per il presidente della Repubblica Sandro Pertini (aveva appena compiuto 88 anni) in visita ufficiale alla città. Originariamente programmato per il 22, l’incontro aveva subito lo slittamento di una settimana. L’occasione era data dal conferimento alla Provincia della medaglia d’oro al valor militare per le attività partigiane svolte durante l’ultima guerra.

Pertini era già stato in città pochi mesi prima, il 24 maggio, per la posa della prima pietra del nuovo Centro oncologico voluto e finanziato dal Calcit, sottolineando con la sua presenza l’alto valore civile dello sforzo condotto dall’intera comunità aretina nella lotta contro un male considerato incurabile fino a pochi decenni prima. E proprio in quella circostanza erano state poste le premesse per una seconda visita, avendo il presidente manifestato il suo interesse ad assistere alla giostra del Saracino. Nell’impossibilità di vederlo presente alla Giostra ordinaria in calendario quell’anno il 2 settembre, si era lentamente fatta strada l’idea di organizzare un’edizione straordinaria, che sarebbe stata la terza dell’anno. Pertini giunse ad Arezzo alle 11 del mattino, accompagnato fra gli altri dal senatore Amintore Fanfani e dal deputato Mauro Seppia delegati a rappresentare i due organi legislativi della Repubblica, ricevendo in Prefettura l’omaggio delle autorità, dopo aver passato in rassegna una compagnia del 225° battaglione di fanteria "Arezzo" e la banda della scuola allievi sottufficiali di Firenze. Faceva gli onori di casa il prefetto Benedetto Negri ed erano presenti anche numerosi sindaci del territorio aretino. L’apposizione della medaglia d’oro sul gonfalone della Provincia, fatta di persona dal presidente, avvenne subito dopo in piazza S. Francesco, dopo

i discorsi di saluto del sindaco Aldo Ducci, del presidente della Provincia Franco Parigi e del generale Aldo Donnini, comandante partigiano, l’orazione ufficiale del senatore Arrigo Boldrini, presidente dell’Anpi, e il discorso del ministro della Difesa, senatore Giovanni Spadolini, in rappresentanza del Governo. Arezzo fu la terza provincia italiana a ricevere un simile riconoscimento, dopo Cuneo e Massa Carrara.

Nel pomeriggio Pertini assiste in piazza Grande alla Giostra, dalla quale si dichiara favorevolmente impressionato e divertito. Veniva così rinverdita l’antica tradizione aretina di offrire lo spettacolo cavalleresco ai personaggi illustri in visita alla città, a cominciare dai granduchi della famiglia Medici, fino nel 1938 all’erede al trono di casa Savoia, quell’Umberto II destinato a passare alla storia come il "re di maggio". Si trattò di una giostra speciale alleggerita delle cerimonie preliminari, con un percorso ridotto del corteo (dal Duomo a piazza Grande attraverso via Cesalpino, via Cavour, via Mazzini e via Borgunto) e con prezzi dei biglietti sensibilmente ridotti.

Sotto il profilo agonistico fu una Giostra contraddistinta dal "quattro" come punteggio ottimale (il "cinque" segnato da Silvano Gamberi il 2 settembre era ancora un tiro eccezionale), che vide uscire di scena uno dopo l’altro, per essersi fermati sul "tre", Porta Santo Spirito nella prima serie di carriere, Porta del Foro nella seconda e Porta Crucifera al secondo spareggio, dando così la vittoria al Quartiere di Porta Sant’Andrea, retto da Giuseppe Municchi e capitanato da Carlo Fardelli. Artefice del successo, grazie ai tre consecutivi "quattro" messi a segno, fu un ancor giovane Martino Gianni, in coppia con Vincenzo Verità. I vincitori ricevettero la lancia d’oro, eseguita dall’intagliatore Francesco Conti ed ispirata alla Resistenza aretina, dopo che i Quartieri avevano manifestato perplessità per lo stendardo originariamente programmato come premio. Albiani-Gamberi, Vannozzi-Tabanelli, Parigi-Capacci le coppie degli altri Quartieri. Luciano Centini il maestro di campo.

Per la riuscita della rievocazione, che già faceva completamente carico al Comune, si adoperò particolarmente il sindaco Ducci, notoriamente poco entusiasta del torneo cavalleresco cittadino. Ma anche in questa occasione - come già nel 1979, quando la Giostra non poté concludersi a causa delle intemperanze della piazza - prevalsero nel primo cittadino il senso del dovere e delle istituzioni e il desiderio di soddisfare un esponente di primo piano della Resistenza e del partito socialista, militanze che lo accomunavano strettamente a Ducci. Prima di rientrare a Roma, Pertini ebbe modo di visitare al Centro Affari la mostra "Cento preziosi etruschi" e di assistere in Cattedrale al concerto di musiche polifoniche del Coro del Maggio musicale fiorentino, direttoi dal maestro Roberto Gabbiani in questo modo, con una serrata successione di eventi (Pertini trovò il tempo di ricevere anche una delegazione della Sacfem), Arezzo offrì al presidente - ovunque accolto da una folla festosa e lieta di ospitare un uomo tanto popolare e rispettato dagli italiani - uno spaccato del suo passato, dei suoi valori e del suo presente.

Il felice svolgimento della giornata era rispecchiato l’indomani dai resoconti apparsi nei principali quotidiani nazionali: dal Corriere della Sera a Repubblica, passando per Avvenire, il Giornale, il Giorno, il Tempo, Paese Sera e gli organi ufficiali dei partiti socialista e comunista, Avanti ed Unità.